Parental Advisory, il difficile equilibrio tra la censura e la protezione
Il rischio è l'appiattimento della musica ai generi più leggeri. Ma è un problema che il mondo della musica conosce da tempo
Censura, letteralmente, “controllo preventivo delle opere da diffondere o da rappresentare in pubblico”, è un termine che ricorre spesso quando si parla di televisione, internet o cinematografia. In particolare, il mondo musicale viene spesso sottoposto a censura, che non viene applicata solo sui testi decisamente espliciti di rapper o rockstar: lo stesso Puccini è stato censurato, nella Tosca, relativamente al verso “le belle forme disciogliea dai veli”, considerato dall’Ufficio di Censura dei Pubblici Spettacoli un riferimento troppo spinto per un’opera del 1900.
Secolo scorso
Per buona parte del secolo scorso, tutta la musica americana era considerata sconveniente, se pensiamo che il Ministero della Cultura Popolare in epoca fascista descriveva come “ingiurioso” il produrre o l’apprezzare musica da oltreoceano. Ne è l’emblema il jazz, portato in Italia da musicisti che se ne sono innamorati scoprendolo dagli americani sui transatlantici o in località turistiche come la laguna di Venezia, dove, addirittura, è stato organizzato un battello da cui sono state suonate melodie swing.
Parental Advisory
Oggi, di certo, non siamo sotto il controllo dell’Ufficio di Censura dei Pubblici Spettacoli o del Ministero della Cultura Popolare, ma conosciamo molto bene un’etichetta ormai onnipresente: il Parental Advisory, strumento affiliato dalla Recording Industry Association of America (RIAA) alle registrazioni negli Stati Uniti in cui sono presenti linguaggio o riferimenti inappropriati e che viene utilizzata anche in molti altri Stati tra cui l’Italia. Come suggerisce il nome, quest’etichetta è un’avvertenza per i genitori ma in alcuni casi può interferire con il profitto dell’opera in questione: alcuni negozi accettano solo versioni censurate degli album e in alcuni Stati, come quello della Georgia, è stato proposto di introdurre una legge che riserva la vendita di album marchiati col PAL ai maggiorenni.
Grido di libertà
Ma non sono mancate nella storia della musica voci che si sono opposte a ogni forma di censura, come il gruppo musicale dei Queen con il loro celeberrimo inno alla libertà “I Want to Break Free”: il video musicale ritraeva la band in vesti femminili, proponendo una parodia della soap opera inglese “Coronation Street”, il risultato è stata una censura durata ben 7 anni da parte di MTV ed il conseguente rifiuto della band di esibirsi negli USA, sicuramente un’importante perdita finanziaria. Ma non tutti l'hanno presa con la stessa ironia dei Queen: il rapper Ice-T, in “Freedom of Speech”, pubblicata nel 1989, dice: “Hey, PMRC, / È l'adesivo sul disco che mi fa diventare ricco / Non ve ne rendete conto, stupidi ubriachi? / Più cercate di reprimerci, più cresciamo.” Introducendo un dubbio: il PAL ammalia i minori con il fascino del proibito? Altrettanto forte è stata la protesta dei Rage Against the Machine: “Siamo saliti sul palco, ma invece di suonare abbiamo appoggiato le chitarre agli amplificatori, creando così un riverbero continuo, e siamo rimasti fermi impalati davanti al pubblico. Ah, eravamo completamente nudi. Ognuno di noi aveva una lettera scritta sul petto a formare la sigla PMRC.” Difficile biasimare la contrarietà della band al PAL in quanto la censura in pezzi come “Killing in the Name” farebbe sbiadire la potenza del testo, potenza tale che la parola “fuck” viene ripetuta ben 17 volte rendendo la canzone un uragano di rabbia e sconcerto contro il razzismo.
Appiattimento musicale
La censura costituisce un ostacolo per generi in cui i filtri non sono graditi: l’esempio di MTV mostra come questo abbia contribuito all’elevazione di determinati generi su altri. Questa rete televisiva ha trasmesso principalmente musica rock fino agli anni 90, accontentando il pubblico del tempo. Esistono vari casi di musicisti che si sono rifiutati di suonare in playback, limitarsi o accettare i termini di MTV, la quale ora ha smesso di trasmettere pezzi “scomodi” evitando reclami e contribuendo allo sbiadire di determinati generi. Certamente è difficile trovare un giusto equilibrio tra questa esigenza e quella, altrettanto urgente, di preservare i più piccoli da testi fraintendibili, ma la soluzione non può essere - ancora nel 2021 - quella di sacrificare espressioni artistiche a favore di generi più leggeri ma anche di minor qualità.