Arte

L'appello di Camilla a Franceschini, "L'arte sia inclusiva con i disabili"

"Mi rivolgo a lei, perché in quanto ministro dovrebbe abolire le leggi sulla diversità nell’arte, perché mi creda, purtroppo nell’arte la diversità non è bellezza"

11 marzo 2021di Redazione

Gentilissimo ministro,
sono Camilla, una donna cittadina del mondo di ventinove anni. Sono poco alta e relativamente asciutta. Gioco a calcetto e faccio danza. Ascolto musica, voto e sono laureata al Dams (discipline delle arti, della musica e dello spettacolo), settore che lei conoscerà benissimo. Vediamo... mi sembra che nella mia presentazione non manchi nulla. Ah sì, è vero, una cosa manca, ho i capelli viola. E poi... poi, poi, poi... sono una ragazza non vedente. Vede Ministro, quasi dimenticavo di dirle di questa mia caratteristica, così come ho dimenticato di dirle che sono orgogliosamente Romanista. Per quanto mi riguarda essere non vedente è una caratteristica, non la caratteristica. Essere disabile non ti rende speciale, semplicemente sei diverso o di verso opposto agli altri, nel senso che percorri un’altra strada, perchè la società ti impedisce di seguirne una standard. Vede ministro, per una come me, che ama De André, andare in “direzione ostinata e contraria” non è poi così male. Però lei ci ha mai pensato che se non ci fossero gli scalini o le barriere architettoniche le persone in carrozzina non sarebbero disabili? Se tutti i libri fossero scritti in braille, io potrei entrare tranquillamente in libreria e acquistare i miei libri. Certo, essendo figlia sorella e cognata di architetti lo so che gli scalini sono importanti, però si potrebbero trasformare tutti in rampe. E si, ho ancora questo maledetto vizio di credere nei sogni. E tra i miei sogni c’è quello di frequentare un’accademia teatrale, sì! Ha capito bene, non un’accademia teatrale per non vedenti, neanche per attori non vedenti. Io voglio proprio frequentare un’accademia per attori. Eppure, questo sembra che non sia possibile. Oggi, caro ministro, ho chiamato ben sette accademie teatrali, poco importa quali siano. Ma le giuro che tutte in coro, proprio come i nani di Biancaneve, mi hanno dato la stessa risposta “E no, ma tu non lo puoi fare, noi non siamo attrezzati”. Bisognerebbe spiegare poi a queste persone che se loro possono e io no, è solo una questione di fortuna, un po’ come nascere nella parte ricca del mondo. Peggio ancora, ”ma noi non possiamo, non abbiamo mai avuto esperienze simili”. Esperienze simili, e cosa vuol dire esperienze simili? Se lo immagina lei Buffon, magari nella finale dei mondiali o di Champions League, dire al rigorista: ”no dai, non lo battere di destro, che io di destro non ho mai parato e non sono abituato”. Capisce che lo scenario è quantomeno grottesco per non dire paradossale. E pure, io so che l’arte dovrebbe essere per tutti, o quantomeno per tutti quelli che la vogliono provare a fare, poi non è detto che ci riescano, anche Totti non ha mai vinto la Champions ma resta pur sempre Totti. Mi rivolgo a lei, perché in quanto ministro dovrebbe abolire le leggi sulla diversità nell’arte, perchè mi creda, gentilissimo, purtroppo nell’arte la diversità non è bellezza, ma è paura come dappertutto. Quindi cosa dovrei fare io per frequentare un’accademia teatrale? Oltre che pagare e frequentarne una privata? Sa ministro, io sono ancora relativamente giovane. O quantomeno, troppo giovane per fare la vecchia, e troppo vecchia per fare la giovane, però una vecchia storiella la so: i diritti e i piaceri devono essere di tutti, non solo di chi li paga. Altrimenti caro ministro, sa cosa succede? Che i ricchi saranno sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri e i non vedenti poveri avranno sempre meno diritti dei non vedenti ricchi.

Camilla Di Pace

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