Don Claudio Burgio spiega il rap e la delinquenza minorile
L’intervista di Don Claudio Burgio, il prete che ha seguito in comunità Baby Gang e Simba La Rue, racconta la sua esperienza su Open.online
Redazione
Un’intervista destinata a far discutere quella che Don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Cesare Beccaria di Milano, ha rilasciato ieri a Open.online (e ripostata in giornata anche da Enrico Mentana su Facebook).
Nell’intervista Don Claudio prova a dare una lettura sui giovani e la delinquenza diversa da quella che tipicamente viene propinata dai media tradizionali, i quali sembrano individuare nel rap uno dei trigger scatenanti del fenomeno.
Sopratutto dopo gli ultimi avvenimenti legati al mondo del rap, come l’inchiesta di Report e il sequestro di Touchè. L’opinione dei più, dopo quelle vicende, sembra essere ”questi ragazzi sono fuori controllo. Dobbiamo punirli”. Un opinione, quest’ultima, che inevitabilmente risulta reazionaria e miope se riletta alla luce delle dichiarazioni di Don Claudio.
Lui, Don Claudio, i giovani li ha conosciuti bene grazie all’esperienza come cappellano in carcere minorile e con la sua comunità Kairos (il cui motto illuminante è ”non esistono ragazzi cattivi’) e, infatti, racconta una realtà diversa. Le parole di Don Claudio suonano preoccupate, sopratutto in riferimento alla galera: ‘‘Il carcere minorile è un’esperienza estremamente traumatica. Vivere una vera e propria carcerazione in fase adolescenziale non è facile da metabolizzare, soprattutto nella sua componente stigmatizzante, quando sono ancora in corso i processi identitari della persona.” e ancora ” Per molti ragazzi il carcere minorile ha un effetto controproducente, perché non fa che amplificare le dinamiche di esibizione di forza e potere che già comandano al di fuori. Quindi se molti soccombono subito perché non hanno le risorse per «farsi rispettare», gli altri si affermano in maniera definitiva, ricevono dal carcere una sorta di legittimazione della loro immagine.”
Forse per questa ragione che, secondo il Don, la lettura della delinquenza minorile deve andare necessariamente oltre alla retorica, semplice, del ”sei un criminale e quindi devi pagare” paventata ultimamente anche da certi politici (vedi ultimamente i post di Salvini).
Per Don Claudio questi ragazzi sono ‘‘analfabeti dal punto di vista emotivo, perché nessuno li ha mai educati all’empatia, non sono mai stati accompagnati nel vivere il dolore, il loro e quello degli altri” e non si tratta solo di guardare alle periferie o alle seconde generazioni ”anche ai ragazzi di buona famiglia” sono coinvolti in queste dinamiche ”Certo, per chi viene da certe realtà più povere e difficili è tutto più accentuato, perché si sentono ancor più inadeguati rispetto alla società del profitto in cui viviamo”.
Don Claudio Burgio nasce a Milano il 29 Maggio 1969, dopo gli studi classici, a ventuno anni entra nel seminario della Diocesi ambrosiana, dove completa la formazione filosofica e teologica. L’8 Giugno 1996 è ordinato sacerdote, nel Duomo di Milano, dal cardinale Carlo Maria Martini. Fondatore e presidente dell’associazione Kayrós che dal 2000 gestisce comunità di accoglienza per minori e servizi educativi per adolescenti, don Claudio, dopo dieci anni di parrocchia, coinvolto nella pastorale giovanile degli oratori, diventa collaboratore di don Gino Rigoldi come cappellano dell’Istituto penale minorile “Cesare Beccaria” di Milano.