Keith Haring, perché è uno degli artisti più amati dai giovani
Cosa c'è dietro i pupazzi dello street artist? E perché è ancora uno dei più amati dai giovani?
Keith Haring è uno degli artisti più amati dalle nuove generazioni perché con i suoi disegni riesce ancora oggi a parlare alle persone e delle persone. È considerato il padre della street art, perché ha portato l’arte nelle strade, nei luoghi pubblici, all’aria aperta fuori da musei e gallerie d’arte. Ha disegnato numerosissime opere su muri, capi di abbigliamento, cartelloni e molti altri oggetti, permettendo di essere visibili e alla portata di tutti, lanciando il messaggio che l’arte non deve essere un settore di nicchia accessibile solo a pochi, ma per tutti. La maggior parte dei suoi lavori non ha un titolo per permettere all’osservatore di dare una sua interpretazione personale, sottolineando ancora una volta il concetto di arte libera.
Stile grafico rivoluzionario
Il suo stile grafico è colorato, fatto di segni semplici, immediati, inconfondibili, caratterizzati da una linea nera spessa che circonda i suoi soggetti, quasi dei pittogrammi. Le figure da lui create, facevano parte di un “Codice Haring”, un alfabeto personale, ricco di simbologia. Un esempio il “radiant boy” simbolo del bambino interiore, libero da ogni vincolo, il “cane” per trattare il tema dell’ oppressione e dell’aggressione ed ancora “l’abbraccio” un messaggio di amore, che va oltre il colore della pelle, dello status sociale. Stile rivoluzionario, non solo nella grafica, ma anche nei messaggi che voleva comunicare con questi disegni: denunciava l’emarginazione sociale e razziale, la piaga dell’ AIDS, il capitalismo, ma le sue opere trattavano anche il sentimento dell’amore, della gioia, della vita.
Simbolo della cultura Pop
Keith Haring è senza dubbio un simbolo, un’icona della cultura pop degli Anni ’80, anni pieni di energia, di entusiasmo creativo, di utilizzo di colori esagerati, dell’immagine, del consumismo. L’amicizia con Andy Warhol, padre della Pop Art, fu fondamentale perché i due artisti avevano come obiettivo la rottura degli schemi, l’insofferenza verso l’arte tradizionale e l’idea che dovesse essere a disposizione di tutti. Haring fu uno dei primi a trasformare l’arte in brand, creando gadget, magliette che poi vendeva nel suo Pop Shop di New York.
Keith Haring e l'Italia
La storia di Keith Haring è legata a doppio filo all’Italia. Proprio qui realizzò la sua ultima opera “Tuttomondo” nel 1989, sulla parete esterna del Convento di Sant’Antonio a Pisa. Un grande murales contenente 30 figure, inno alla pace e alla vita, simbolo di apertura verso il mondo senza pregiudizi. Milano accolse a braccia aperte l’artista, grazie allo stilista-designer Elio Fiorucci, che intuendo il potenziale di Keith Haring, nel 1983 gli affidò la decorazione del suo storico negozio in centro a Milano. Nacque una performance di due giorni, fatta di musica, creatività in cui il negozio e tutto ciò che conteneva, venne interamente ricoperto di disegni e si sviluppò l’idea di arte giocosa, libera da vincoli, fatta di sperimentazione e contaminazione.