Lumaca, amore, io, me, tutto. Problemi di traduzione al processo contro Young Thug.
L’ex membro della crew chiamato a testimoniare nel processo a Young Thug e YSL definisce “Slime” in modo creativo
Se volete flexare il nogra nel bando occhio agli snitch. Probabilmente quello che direbbe un qualsiasi boomer al figlio adolescente per tentare di recuperare un minimo di confidenza e, spoiler, non funzionerebbe. Perché mami agli occhi del figlio non è “una di noi”, e non c’è niente di più imbarazzante dell’imitazione di un’identità altrui. Ogni identità, quanto più definita e circoscrivibile, si serve di un proprio codice; ad ogni comunità il suo lessico famigliare. Per questo il pubblico ministero e Trontavious “Tick” Stephens sembravano la madre e il figlio dell’esempio di prima nel momento in cui Stephens si è ritrovato a dover spiegare al pm il significato della parola “Slime”.
Difficile dire se fosse più smarrito il pm o lo stesso membro della YSL dal goffo tentativo di spiegazione del termine, anche se il commento di Stephens “mmh that’s a good question” unito all’espressione del suo volto sono piuttosto evocativi. “The S is for Slug, the L is for love, the I is for I, the M is for Me, the E is for Everything”. Parole scelte a caso, così sul momento, o il risultato della decodifica di un codice segreto? Non è questa la sede per giudicare. Quel che è sicuro è che il video ha fatto il giro del web dividendo l’opinione dei fan, anche se gli sghignazzi hanno risuonato più dei commenti positivi. Tra parentesi, Stephens “slime” ce l’ha tatuato sulla pancia.
Stephens è stato chiamato a testimoniare nel processo contro Young Thug e la YSL come parte del patteggiamento che ha sottoscritto a novembre ma pare che sia stato preso per un dizionario “slang/english”: precedentemente infatti era stato invitato a definire “snitch” e anche in quel caso se non evasivo era sembrato perlomeno confuso, dato che aveva ammesso di conoscere il termine ma non il suo significato.
Nel corso del processo, che sta accumulando momenti di attenzione mediatica, l’avvocato di Thugga era scivolato in una situazione simile a quella di Stephens mentre tentava di convincere la corte (e forse anche se stesso) che il titolo del pezzo di Young Thug con Future e Gunna “Pushin P” stesse per “pushing positivity”. L’imbarazzo è stato tale da indurre il rapper di Atlanta, o chiunque si occupi dei suoi social in questo periodo, a pubblicare un post con la definizione di diversi termini gergali, tra cui lo stesso “slime” che, per inciso, significherebbe “seeing Lord in me everyday”.
Young Thug è in carcere ormai dalla primavera del 2022 e ha visto respinte tutte le richieste di cauzione. È accusato, insieme a Gunna e ai membri della sua etichetta YSL, di 56 reati, tra i quali spicca la violazione del Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act (RICO) dello stato della Georgia, in quanto l’accusa sostiene che la YSL in quanto etichetta discografica sia stata una copertura per una vera e propria gang e per i suoi atti criminali.
Quello che emerge dall’episodio Stephens vs “slime” è, in fondo, l’incomunicabilità tra due mondi: quello formale, innocente e rispettabile dei membri della corte e quello torbido, segreto e oscuro degli imputati e, in questo caso, del testimone. Che sembra aver preso alla lettera il proverbio “tradurre è tradire”.