La musica rap a processo nel docu “As We Speak”
In uscita a febbraio il documentario che denuncia l’uso dei testi rap in tribunale
Il documentario diretto da J.M. Harper sta partecipando al Sundance Festival e sarà disponibile dal 27 febbraio su Paramount+ (il 28 in Italia). “As We Speak” (“in questo momento”, ma anche “nel modo in cui parliamo”) segue per gli States il rapper del Bronx Kemba nel suo viaggio di denuncia della crescente strumentalizzazione dei testi rap nel sistema giudiziario americano.
La notizia dell’arresto di Young Thug nel maggio del 2022 ha dato una svolta concreta alla produzione del documentario, presente nel cassetto dei progetti di Harper già da qualche tempo. L’attenzione mediatica che sta ricevendo il caso del rapper di Atlanta, accusato di aver coperto operazioni criminali con l’etichetta discografica YSL e il pretesto della musica, è stata catturata spesso dalla gestione di questioni più puramente linguistiche e culturali.
Il ricorso ai testi degli artisti in qualità di prove concrete nei casi giudiziari contro i rapper (specialmente se neri) è cosa nota almeno dagli anni Novanta e nel corso del suo sviluppo “As We Speak” ne svela più di 700. L’intenzione del documentario non è difendere a spada tratta tutti i rapper o dichiararli innocenti, ma diffondere il messaggio per cui l’uso di quella che ormai da decenni è una forma d’arte riconosciuta come strumento di persecuzione riflette una profonda mancanza di rispetto per quell’arte, che oltretutto viene così deliberatamente distorta nella sua forma e funzione.
Harper insiste sul double standard tra la musica rap e gli altri generi, chiamando a testimoni versi di cantanti rock (bianchi) come Johnny Cash (“But I shot man in Reno just to watch him die”) o i Queen (“Mama, just killed a man/Put a gun against his head, pulled my trigger, now he’s dead”). “Quando si tratta della libertà di espressione” ha spiegato, “quando si tratta di musica, quando puoi vedere la storia dal punto di vista dell’artista, penso che diventi evidente il problema del sistema penale e il motivo per cui debba essere modificato, non solo per centinaia e migliaia di rapper, ma anche per le persone comuni là fuori che si trovano sul banco degli imputati”.