EcoMuvi, la realtà che unisce cinema e sostenibilità
Si può essere sostenibili nella produzione di un film o di una pubblicità? Sostenibile vuol dire anche costoso? Il cinema è un mondo che si interessa del cambiamento climatico? Tutte le risposte che cercate sul legame tra cinema e sostenibilità
EcoMuvi è la realtà che dal 2013 si occupa di sostenibilità ambientale, sociale ed economica all’interno dello produzioni cinematografiche e audiovisive. Dal 2013 ad oggi grazie a questa realtà sono state ridotte le emissioni di Co2 di 478 tonnellate, ma EcoMuvi è molto più di questo, e a raccontarcelo è la CEO Ludovica Chiarini.
Quando nasce EcoMuvi e perché?
EcoMuvi nasce nel 2013, dalla volontà di un produttore indipendente italiano, Carlo Cresto-Dina. EcoMuvi affonda le radici in tempi non sospetti, quando nel settore dell’audiovisivo non c’era ancora attenzione al tema della sostenibilità, per rispondere a due esigenze: la volontà di produrre in maniera diversa, sostenibile, e il senso di responsabilità nei confronti delle istituzioni: la maggior parte della produzione europea è finanziata da fondi pubblici e non era più ammissibile spendere quei soldi senza nessuna limitazione e linea guida.
Come è cambiato EcoMuvi negli anni?
Negli ultimi 11 anni sono successe moltissime cose, EcoMuvi nasce come un’idea ma ora è un’azienda che ha una doppia natura. Da una parte è una norma tecnica che determina come produrre secondo dei criteri sostenibili, questo perché è l’unica norma in Europa che è sostenuta da Accredia, ente italiano di accreditamento.
Dall’altra parte EcoMuvi è una realtà che affianca le produzioni nell’applicazione della norma sul campo. Dunque forniamo alla produzione un reparto di persone che si integrano sul set e aiutano a mettere in pratica il protocollo.
Attualmente quanto è sostenibile il mondo delle produzioni?
La situazione ad oggi è ancora molto frammentata. Dal 2020 i criteri sono lentamente cambiati: nell’erogazione dei soldi, ad esempio, gli enti hanno iniziato a fornire fondi in più per chi decide di adottare protocolli sostenibili, ma la dicitura dei bandi e i criteri per ottenere questi fondi sono ancora molto vaghi, pensate al fatto che basta una semplice autodichiarazione di impegno nel raggiungimento degli obiettivi prefissati. C’è chi sfrutta questa possibilità nel bene e chi lo fa solo per un vantaggio economico, ma c’è anche chi vorrebbe agire in modo sostenibile ma si trova in difficoltà a causa della mancanza di direzione fornita dalle Istituzioni e della poca chiarezza. È vero le cose stanno cambiando ma c’è ancora bisogno di lavorare.
Qualche esempio del protocollo EcoMuvi?
EcoMuvi si occupa di ridurre lo spreco ma non si tratta solo di questo, è un protocollo di gestione ambientale che si occupa di macro aree come l’organizzazione, i materiali e le risorse, i rifiuti, l’energia e le emissioni. Ad esempio uno degli argomenti trattati è il cibo di scena. Avete pensato a quanti chili di cibo vengono sprecati quando in una pubblicità, o un film, si deve girare una scena in cui un alimento viene morso una singola volta la scena va girata a ripetizione? La situazione si complica ancora di più se non si tratta di una cena tra due persone, ma di una festa con centinaia di invitati.
Un altro esempio è quello dell’attenzione alla biodiversità delle location, o ancora la riduzione della Co2 negli spostamenti e nell’illuminazione. Secondo voi che fine fanno le scenografie che vedete sui set? Il più delle volte per una questione di apparente economicità e velocità vengono assemblate per essere utilizzate e poi buttate come rifiuti speciali, quando invece con un attenzione in più ai materiali e alla costruzione potrebbero essere riutilizzate ancora e trasformate in altro.
Tutti questi accorgimenti non riguardano solo il set ma anche il dietro le quinte, dai cotton-fioc delle truccatrici alla gestione dell’acqua e dei rifiuti, rendendo così EcoMuvi un protocollo sostenibile non solo dal punto di vista ambientale ma anche sociale ed economico.
Che tipo di risposta ricevete dalle produzioni?
Prima del 2020 avevamo a che fare solo con produzioni molto motivate che credevano davvero nella loro scelta. Da quando il sistema è cambiato la motivazioni per cui le produzioni decidono di lavorare con noi sono diventate diverse e non sempre il primo approccio è quello della convinzione. Qualcuno lo convinciamo sull’etica, altri sul vantaggio economico, altri ancora sull’efficacia del lavoro e sul risparmio di tempo. Finora abbiamo avuti esiti, chi più chi meno, positivi; ma a volte è stato difficile superare lo scoglio iniziale dell’incertezza.
È davvero possibile risparmiare in termini economici con le scelte sostenibili?
Ad oggi alcune soluzioni “green” sul mercato sono più costose. Se si agisce il modo superficiale il lavoro sarà costoso, ma il nostro lavoro non consiste nella semplice sostituzione di elementi non sostenibili, ma nell’intera riprogettazione del programma: da un lato vengono sostituiti alcuni prodotti e si produce una spesa, dall’altro lato si risparmia su altri aspetti. In quasi tutte le produzioni in cui abbiamo lavorato al termine dei lavori siamo riusciti a risparmiare almeno il costo del nostro lavoro, rendendo una produzione che non sarebbe stata sostenibile costosa esattamente come quella nuova, se non più economica. Se si lavora nel modo giusto, sostenibile non vuol dire sempre più costoso, anzi.
Sicuramente nel mondo delle produzioni ci si sta muovendo nella direzione giusta, ma c’è ancora bisogno di tanto lavoro, di formazione e informazione per abbattere i muri legati alla paura di ciò che non si conosce.