Il team We Sea: vedere, ricercare, agire
Le testimonianze del team We Sea e il racconto dell’esperienza con l’attività di monitoraggio civico a scuola
Le sentinelle del mare siedono anche dietro ai banchi di scuola del Liceo Scientifico Archimede di Acireale, dove 25 ragazzi coordinati da due professoresse tutor hanno aderito a Sea Marvel formando una solida squadra: il team We Sea.
Che cosa vi ha spinti a partecipare al progetto?
Prof. Sciuto: Il progetto rientra nell’ambito del PCTO (ex alternanza scuola-lavoro), le ore che i ragazzi devono destinare al completamento del loro profilo formativo. Al momento della scelta del progetto da monitorare la spinta decisiva è stata dei ragazzi, che hanno compiuto questa azione con spontaneità e determinazione: sono loro i protagonisti, noi li abbiamo solo ascoltati e assecondati. È giusto che siano loro a determinare come impiegare il proprio tempo affinché quelle ore non acquisiscano il peso di un obbligo ma la leggerezza di una scelta che nasce dalla loro necessità.
Perché avete scelto il nome “We Sea” per il vostro team?
Prof. Sciuto: Una volta scelto il progetto da monitorare Asoc chiede che venga deciso un nome per l’identificazione del team e del tema scelto. Ancora una volta il risultato è la straordinaria dimostrazione della creatività dei ragazzi.
Enrico: Siamo una squadra, quindi abbiamo scelto “We” per esprimere la nostra identità di gruppo, ma siamo anche chiamati ad analizzare il problema che il progetto scelto mira a risolvere, da qui il verbo “See”, vedere. Volevamo aggiungere al nome del team anche l’oggetto della nostra indagine, così abbiamo scambiato il termine “osservare” con “mare”. Da questo gioco di parole nasce “We Sea”.
Di cosa vi siete occupati nei mesi di lavoro?
Enrico: Il progetto si compone di quattro fasi: progettare, analizzare, esplorare e raccontare. Ogni ragazzo ricopre un ruolo diverso e si occupa di una parte nello specifico, così distinguiamo i project manager che operano nella prima fase, gli analisti nella seconda, i social media manager nella quarta e moltissimi altri ruoli. È stato un bel modo per approcciarsi al mondo del lavoro ed esplorare le proprie potenzialità.
Quale è stata la cosa più difficile da affrontare?
Prof Cutolo: Il coinvolgimento iniziale. Affrontare qualcosa di nuovo per un ragazzo non è semplice: bisogna imparare ad organizzarsi, scegliere un ruolo in base alle proprie affinità e competenze, ma soprattutto devono imparare a lavorare in una squadra con persone che prima non conoscevano. Il team infatti è composto da due classi differenti e non è scontato che si conoscano tutti. In più i ragazzi si approcciano per la prima volta a un monitoraggio civico e capire che tipo di lavoro devono affrontare può essere difficile.
Enrico: Forse il confronto con gli altri ragazzi, affrontare un dibattito e riuscire a trovare una sintesi di tutti i pensieri. Anche trovare dei dati
attendibili è stato difficile.
Il ricordo più bello che avete del progetto?
Prof Sciuto: Sicuramente la festa dell’Europa, il 9 maggio. È stato particolarmente emozionante vedere i ragazzi, anche i più timidi e riservati, raccontare alla comunità come soggetti attivi il loro lavoro con i volti pieni di gioia.
Prof Cutolo: Sono tanti i ricordi belli, ma la cosa che più mi ha colpita è stato vedere i ragazzi crescere, imparare a lavorare in team e approcciarsi al mondo del lavoro con il sorriso.
Enrico: Il legame che si è creato con gli altri studenti. La nostra è una scuola grande e non ci conosciamo tutti, probabilmente senza questo progetto non ci saremmo mai incontrati. È stato bello anche vedere la risposta del pubblico al nostro progetto: sentirci grandi, ricevere gratitudine e vedere apprezzato il valore del progetto.
Cosa avete imparato da questa esperienza?
Enrico: Abbiamo imparato ad essere cittadini. La scuola te lo insegna teoricamente, ti spiega quali sono i tuoi diritti e i tuoi doveri, ma è è stato grazie al progetto che abbiamo sperimentato cosa vuol dire davvero essere cittadini.