“È licenziata”, Lil Woody liquida il suo avvocato nel mezzo del processo YSL RICO
Il testimone dell’accusa ha licenziato la sua legale Kayla Bumpus durante il processo
Strana settimana per la Corte Superiore della Contea di Fulton, Atlanta. Il giorno dopo che il primo avvocato dell’imputato, Young Thug, si è fatto arrestare, il testimone dell’accusa ha licenziato in tronco il suo avvocato. Kenneth Copeland, noto come Lil Woody, dopo aver rifiutato di testimoniare venerdì scorso e aver scontato il weekend in carcere, è tornato alla sbarra ma ha fatto più scena che altro. Lunedì è stato come minimo evasivo rispetto alle domande degli avvocati, mentre martedì ha deciso di licenziarne uno.
Quando il giudice Glanville gli ha chiesto se volesse che la sua legale Kayla Bumpus si ritirasse, ha reagito con una risposta secca: “È licenziata”. Glanville ha cercato di mantenere la calma, offrendo al testimone altre possibilità: “Puoi assumere un altro avvocato o la Corte può assegnartene un altro”, gli ha proposto. Ma la risposta di Copeland è stata perentoria: “Perché avrei bisogno di un avvocato? Sono a posto”.
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A quel punto Glanville ha annunciato che per i prossimi dieci giorni di processo Bumpus sarebbe rimasta al suo posto, dopodiché si sarebbe attualizzato il suo ritiro e Copeland avrebbe dovuto trovare un altro avvocato. Lil Woody aveva inizialmente accettato di testimoniare per l’accusa nel 2021 per ottenere un accordo, ma quando il momento di parlare è arrivato si è indirettamente (ma neanche troppo) tirato indietro.
Prima ha invocato il Quinto Emendamento che tutela contro l’autoincriminazione, guadagnandosi una gita di due giorni al carcere della Contea di Fulton, poi ha fornito risposte quantomai vaghe e superficiali.
In ogni caso la sua testimonianza, che avrebbe dovuto essere l’evento chiave della giornata di processo, è stata oscurata da un altro episodio bizzarro; dopo il rientro dalla pausa pranzo, infatti, il legale di Young Thug, Brian Steel, ha accusato il giudice e i procuratori di aver avuto un incontro segreto prima del processo; secondo Glanville si sarebbe trattato invece di una camera di consiglio, pratica perfettamente legale. Al rifiuto di Steel di confessare il nome di chi gli avesse passato l’informazione, al giudice non è rimasta altra scelta che condannarlo a 20 giorni di prigione per oltraggio.