Buy Now, vedere il consumismo con occhi diversi
Buy Now è il documentario che svela i trucchi che ci spingono a comprare compulsivamente: sempre e di più. Un documentario per osservare il consumismo da una prospettiva diversa e spogliarsi dai panni del consumatore
Guardare i documentari non è di certo l'hobby preferito di tutti, ma se state cercando un modo per muovervi con consapevolezza nell'iperconsumismo, questo è il documentario che fa al caso vostro. Se non siete ancora convinto, ecco 4 storie raccontate nel film che mi hanno particolarmente colpita
"Non pensavamo alle possibili conseguenze di quello che stavamo facendo"
Maren Costa è l'ex user experience designer di Amazon, ovvero quella figura professionale che si occupa di progettare l'esperienza d'uso del cliente affinché questa sia più facile e soddisfacente di sempre. Esatto, esistono figure che progettano il modo in cui compriamo, cosa compriamo, la felicità con cui lo facciamo e persino le tempistiche in cui ciò avviene. A svelarci i trucchi di quella che sembra essere a metà tra una magia e un preoccupante esempio di controllo della mente è proprio Maren Costa. Maren racconta che agli albori di Amazon la domanda principale era "Come convincere le persone a comprare online?", e la risposta non tardò ad arrivare: il team capì che nella testa degli utenti Amazon doveva assumere le sembianze di "un grande rullo trasportatore che portava il prodotto dai magazzini alle case dei clienti in pochi istanti e in qualsiasi momento". Mentre siete nel letto vi viene voglia di una nuova federa o di un nuovo pela patate per cucinare uno sformato domani? Vi basta un sempliccissimo click fatto in qualsiasi ora del giorno e il prodotto sarà da voi.
"Influenzavamo i consumatori in maniera così sottile che loro non potevano nemmeno accorgersene": ogni singolo pixel della pagina Amazon è ottimizzato per avere il migliore mix di colori, scritte e prodotti sponsorizzati per rendere l'acquisto troppo appetibile per non essere fatto. Eppure, svela Costa, "Non pensavamo alle possibili conseguenze di quello che stavamo facendo, nessuno di noi si poneva il problema di dove sarebbe andata a finire tutta quella roba".
Immaginate che qualsiasi cosa desideriate vi compaia magicamente accanto, niente più bisogno di arrivare fino al negozio, provarlo, scegliere la taglia più adatta, il colore migliore, fare la fila, girare per centinata di scaffali. Eppure il gioco è fin troppo semplice e bello per essere vero, e a pagarne le conseguenze siamo noi stessi: 68.733 telefoni prodotti all'ora, 190.000 capi al minuto, 12 tonnellate di plastica al secondo con cui convivremo e di cui ci nutriremo fino alla fine dei nostri giorni, ecco quello che nessuno ci dice.
Da oggi questo oggetto durerà di meno
È il 15 gennaio 1925, da quel giorno le lampadine non dureranno mai più come prima. A un tavolo si riuniscono alcuni dei più grandi dirigenti: "Da oggi massimizziamo i profitti, come? Riduciamo la durata di ogni lampadina da 2500 ore a massimo 1000 ore di luce. Si è vero, genereremo centinaia e centinaia di rifiuti evitabili, ma il profitto non sarà mai così alto". Ecco che dalle menti dei più geniali imprenditori nasce l'obsolescenza programmata. Forse non ce ne accorgiamo, ma tutto attorno a noi ha una data di scadenza per nulla casuale che si accorcia sempre di più con gli anni. Esatto, non è una leggenda metropolitana che prima i prodotti duravano di più: i vestiti si lacerano in poco tempo, le stampanti smettono di funzionare senza motivo, i telefoni perdono di qualità in pochi anni. Così compriamo, compriamo e compriamo, ogni anno una novità perché i vecchi oggetti sono già obsoleti dopo pochi utilizzi.
Ah, se vi state chiedendo perché i vostri utensili si rompono sempre pochi momenti dopo la scadenza della garanzia state tranquilli: non vi insegue la sfortuna, siete solo vittime di quel 15 gennaio 1925. La data di scadenza della garanzia, che si accorcia sempre di più, coincide semplicemente con l'obsolescenza di quel prodotto, dunque una volta scaduta è molto probabile che da lì a qualche mese il vostro oggetto smetterà naturalmente di funzionare.
Ripari le cose? Ti faccio causa
Kyle Wiens è il fondatore di Ifixit, un'azienda che si pone come obiettivo fornire parti di ricambio e aggiustare tutti quegli strumenti soggetti all'obsolescenza programmata, come i telefoni. Peccato però, che chi ripara e non compra non è visto di buon occhio dai grandi produttori, ed è per questo che Kyle riceve sistematicamente ingiunzioni da parte di aziende che lo accusano di danneggiare la loro attività. Se la giustizia non può fermare Kyle allora devono farlo le aziende stesse, che con il tempo hanno sviluppato trucchetti sempre più sofisticati per impedire la riparazione degli oggetti: come Apple che rende stagni e praticamente inaccessibili i propri prodotti, della serie "se proprio vuoi aprirlo devi romperlo", o come i produttori che hanno iniziato a cambiare le viti degli oggetti per renderne più difficile l'apertura con strumenti tradizionali o come quelli che invece hanno deciso di iniziare a sigillare i device con la colla, rendendoli di fatto usa e getta.
Il CEO di Ifixit racconta che gli oggetti che più lo mettono alla prova sono gli AirPods, che non dispongono praticamente di nessun metodo di riparazione. Kyle spiega che Apple ha eliminato l'entrata delle cuffie tradizionali per rendere più appetibile le cuffie wireless, che però dispongono di soli 18 mesi di batterie funzionanti, così una volta passato il tempo saremo costretti a ricomprarle senza nessuna possibilità di poterle aggiustare.
Se non puoi venderlo, distruggilo
Se hai già raggiunto l'obiettivo di vendita mensile e vendere altri prodotti è più costoso che conveniente, distruggili. Se nessuno compra i vecchi abiti e la arrivando la nuova collezione, distruggili. Se il cibo sta per scadere e te ne vuoi liberare, distruggilo. "Distruggere" è il motto delle grandi aziende. A svelare il trucco nel documentario sono decine di ex dipendenti delle catene più famose: lo spreco è tristemente normale, ma il fenomeno macabro sta nel rendere inutilizzabili quei prodotti sprecati una volta abbandonati nei cassonetti pubblici (perché è lì che il più delle volte vanno a finire le merci) per far sì che nessuno le rivenda a prezzo minore sminuendo così il valore del marchio.
"In una famosa catena di caffè il giorno prima della scadenza ci facevano buttare tutti i prodotti da forno cospargendoli di fondi di caffè", "Al Panda Express ci facevamo mescolare tutto il cibo alla fine del turno per far si che non fosse più mangiabile", " Game Stop ci faceva graffiare i dischi prima di gettarli", "Bath and Body Works ci faceva spremere i prodotti nella spazzatura per evitare che i senzatetto li usassero". Queste sono solo alcune delle testimonianze dei dipendenti che hanno testimoniato nel documentario.
Tutto è davanti ai nostri occhi, dobbiamo solo imparare ad osservare oltre il velo del "conveniente e bello adesso".