Liberi di essere noi stessi
Beppe Carletti, leader dello storico gruppo, rivela il segreto di un successo lungo quasi 50 anni
Canzoni che parlano di speranza, brani che analizzano temi attuali, musiche profonde da cui scaturisce gioia. Tutto ciò è racchiuso nel nuovo album dei Nomadi, Cuore Vivo. Ci sono solo due inediti, Toccami il Cuore e Cosa Cerchi da Te, le restanti otto tracce ripercorrono un decennio del loro repertorio, dal 1967 al 1977. A parlarci del disco è il leader del gruppo Beppe Carletti, che con Augusto Daolio fondò i Nomadi nel 1963.
Il nuovo album Cuore Vivo unisce due inediti a vecchi e sempre emozionanti brani. C’è un criterio con il quale sono state scelte le canzoni dell’album?
«Abbiamo scelto quei brani perché sono canzoni sicuramente attualissime. Per noi sono importanti: allora non ebbero una grande visibilità e ora abbiamo pensato di dar loro nuova luce».
Un tema centrale del disco sono le passioni. Secondo voi come si fa ad inseguire i propri sogni in un periodo in cui fanno di tutto per disilluderci?
«Innanzitutto bisogna porsi qualche traguardo, uno non può accettare tutto passivamente, tutto quello che gli dicono di fare, sarebbe mancanza di personalità. Dobbiamo portare avanti le nostre idee con convinzione, altrimenti non possiamo credere né a noi stessi né agli altri».
“Toccami il cuore e senti come è vivo”; è forse un’esortazione a tutti gli indifferenti che oggi non si mobilitano per risolvere i problemi?
«Sì, sicuramente, ma vale anche per tante altre cose. Prima di tutto la voglia di vivere e la volontà di affrontare la vita».
Le vostre canzoni sono sempre diverse, pur avendo uno stile sempre riconoscibile.
Come si fa a mantenerlo pur imboccando nuove strade?
«Come dicevo prima bisogna essere se stessi, cambiare rimanendo se stessi, è questo un po’ il segreto: modificarsi restando attaccati alle proprie radici, che sono indispensabili».
E invece qual è il segreto che vi ha fatto arrivare a 40 anni di carriera sempre sulla cresta dell’onda, facendo da colonna sonora a diverse generazioni?
«Io penso che sia l’unione di semplicità, umiltà e coerenza. Quello che tu sei “sull’asfalto” lo rappresenti anche sul palco, altrimenti non saresti più credibile».
Una canzone che mi ha sempre emozionato è La libertà di volare che dice: “Corri, corri per qualcosa, corri per un motivo”. Per cosa corrono da 50 anni i Nomadi?
«Corrono per la libertà e per sentirsi vivi. Questa è una canzone che ho voluto molto, perché è una canzone forte, che con delle parole molto semplici fa capire tante cose».
Canzone significativa è “Cosa cerchi da te”. Dopo tutti questi anni di carriera, cosa cercate da voi oggi, ci sono dei progetti per il futuro?
«Probabilmente tra due anni ci sarà il progetto più bello, perché arriviamo ai 50 anni di carriera. È un sogno: quando sei ragazzino mica sai che dopo 50 anni sarai ancora su un palco!».
I Nomadi sono sempre impegnati con progetti sociali e iniziative benefiche. Vi state occupando di qualcosa adesso?
«Madagascar. Io faccio parte con altri amici di un’associazione, “Crescerai” che si impegna a portare degli aiuti in Madagascar. Chi ha la fortuna come me di fare della propria passione un lavoro, di vivere ad un livello al di sopra della media, deve riflettere e ringraziare la vita per quello che ti ha dato. E un modo è sicuramente aiutare gli altri».
Salutiamoci con un gioco: descrivi i tuoi compagni con un aggettivo!
«Danilo: introverso. Sergio: pacioccone. Massimo: rock. Daniele: posato. Cico: burlone. Ognuno è diverso dall’altro, ma questa è la vera ricchezza, se fossimo tutti uguali non andrebbe mica bene!».