Rebis: due volte talento
I loro brani sono frutto di studio ed approfondimento, ma capaci di incantare tutti, con l’esperanto del sentimento e delle sonorità mediterranee
Vi è mai capitato di trovare familiare il suono di una filastrocca o di una cantilena araba, spagnola, turca? Nulla di più facile, e, se questo accade, una ragione c’è. I Rebis, originalissima formazione musicale genovese, partono proprio da questa convinzione per il loro progetto artistico. L’idea nasce dall’unione degli intenti di Alessandra Ravizza, cantante e studentessa di arabo, e dell’autore e arrangiatore Andrea Megliola. Le sonorità mediterranee si assomigliano sorprendentemente, perché le storie che raccontano, o la maniera in cui lo fanno, sono condivise e si sono vicendevolmente contaminate. Uno studio preciso che lascia spazio ad inserti inattesi, come quello delle melodie sudamericane, introdotte dal violinista Hernan. La musica che ne deriva è dolce e avvolgente, cantata in italiano, arabo, francese, genovese e, addirittura, in siciliano antico.
Che cosa significa Rebis? Ha un suono quasi esotico.
Andrea: «L’idea è nata grazie all’aiuto di uno dei musicisti collaboratori. Vuol dire doppia cosa, deriva dal latino res bina ed è una figura alchemica che richiama l’unione degli opposti».
Alessandra: «Un’altra interpretazione è quella che riguarda l’aspetto culturale-geografico. Noi cerchiamo di creare un ponte tra le sponde nord e sud del Mediterraneo, che spesso vengono viste come opposte».
Come esattamente?
Andrea: «Il progetto è partito nel 2008 e si è concretizzato grazie ad un concorso per giovani cantautori. Ciò ha permesso la collaborazione con altri musicisti e anche la vittoria del concorso stesso; abbiamo dunque avuto la possibilità di portare avanti il progetto Rebis, che si propone di lasciare ai musicisti libera espressione della loro musica e di ampliare con il proprio background le possibilità di unire vari tipi di espressione musicale».
Come mai il vostro violinista è sudamericano e suona musica mediterranea?
Hernan: «Premetto che quando sono arrivato in Italia non sapevo niente di questo tipo di musica, è stato solo grazie ad Alessandra e Andrea che mi ci sono avvicinato, portando anche con me il mio bagaglio musicale. È avvenuta quindi una fusione tra la musica mediterranea e quella sudamericana».
In tutto questo miscuglio di influenze, a quali generi vi ispirate di più?
Andrea: «I generi variano a seconda dei gusti: si possono citare dei richiami rock anche se non sono palesi nell’ascolto dei brani, vi sono ovviamente le ritmiche sudamericane e in particolare della Bossa Nova, vi sono influenze jazz come della musica popolare dell’Italia meridionale, che è a sua volta contaminata dai vari generi che arrivano dai Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, dai Paesi nordafricani alla Grecia fino al Medio-Oriente».
Come vi siete avvicinati alla musica, e in particolare a questi generi inusuali per i giovani?
Alessandra: «Io ho iniziato a suonare la chitarra quando ero molto piccola, e la mia maestra mi curava anche un po’ la voce, anche se ho cominciato a studiare canto a livello quasi professionale solo due anni fa. Ho sempre ritenuto che la voce fosse uno strumento di espressione. Ho iniziato a scrivere canzoni a undici anni e ho sempre cantato, ma non solo musica».
Andrea: «Io ho iniziato a suonare la chitarra classica a dodici anni, poi mi sono dedicato al rock e anche al metal, tornando poi alla chitarra classica».
Hernan: «Io ho cominciato a cantare in Argentina, quando avevo sei anni e ho studiato musica sia alla scuola primaria che alla secondaria, mentre ho cominciato a suonare il violino a undici anni. Poi sono venuto a studiare qua, e ho conosciuto Alessandra e Andrea».