Non ci pensiamo mai
Il camaleontico gruppo ha affrontato il reality con leggerezza e simpatia rimanendo sempre con i piedi per terra. E ora il successo è a portata di mano
Si presentano briosi ed entusiasti come li abbiamo visti a X-Factor, i Moderni, freschi di un secondo posto inaspettato, ma più che meritato. Le parole scorrono a fiumi, sono incontenibili e pieni di sorprese, proprio come lo erano sul palco.
Celeste, Placido, Marco e Fabio: ecco i nomi dei Moderni, che però preferiscono essere chiamati Liza, Lead, Cata e Broad, soprannomi che sono tutto un programma.
Dopo un pomeriggio di canto intenso, cerco di rompere il ghiaccio con una domanda molto semplice: descrivere con una parola la loro esperienza televisiva. E invece scateno il finimondo. Alla fine riusciamo ad arrivare a un risultato: «Putu-uu, in onore di Tafuri (NdR: il loro vocal coach), perché quando si esaltava per una cosa diceva che era “putu”! Che è molto più di una figata!», dice Lead. Un neologismo fra i tanti nati dall’esplosiva creatività del gruppo torinese, cresciuto nel Centro di Protagonismo giovanile Tedacà, un’associazione che coinvolge i ragazzi in attività artistiche a tutto tondo, dal teatro, alla musica, alla danza.
«I Centri di protagonismo giovanile sono molto utili, in un modo o nell’altro riescono ad attirare ragazzi che magari sprecano il proprio tempo senza appassionarsi a nulla. Invece lì riesci a impegnarti per un progetto, provando percorsi anche artistici, come il nostro caso, che alla fine ti appagano». E danno lo sprint in più per provare a fare le cose in grande, proprio come è successo a loro, ex Two Fingerz – nome che loro malgrado hanno cambiato durante il reality – che hanno appena pubblicato il loro primo EP, Non ci penso mai, in classifica per settimane su iTunes.
Un connubio vincente di musica e spettacolo che ha convinto gli spettatori: i quattro ragazzi hanno dimostrato di sapersi adattare alle situazioni, come gestire l’ansia della prima canzone cantata sul palco al più difficile cambio di identità. La modifica del nome, infatti, all’inizio è pesata tantissimo, ma poi non solo hanno imparato a conviverci, l’hanno anche plasmato, cucendoselo addosso. Loro ora sono i Moderni: un po’ pazzi, un po’ strani, come il loro nome. E non potrebbero essere altro. «L’equilibrio dei Moderni sta nel non avere equilibrio individuale», dice Cata. Forse è anche per questo che sono emersi così tanto, da un programma che, invece, sembrava non dare abbastanza luce ai gruppi.
Ma com’è nata l’idea di partecipare a X-Factor? L’idea l’ha avuta Celeste e così sono partiti, hanno deciso di andare in gita a Roma e mettersi un’etichetta con un numero a cinque cifre. Già mentre provavano in coda, si sono resi conto che quello che proponevano piaceva, ma non si sono montati la testa. Sono arrivati fino all’home visit, momento in cui hanno iniziato a pensare di non potercela più fare, finché, invece, non si sono trovati in finale. E fino alla fine non potevano credere al percorso che hanno fatto: «l’abbiamo fatto per gli amici, come ci diceva di fare Elio». Per gli amici da quattro amici, come lo sono Liza, Lead, Cata e Broad, anche sul lavoro: «Ognuno fa la sua parte; certo c’è chi ha più conoscenza musicale come Celeste e Fabio, ma alla fine ciascuno dà il suo contributo. Il bello è che abbiamo gusti simili su come presentare il piatto, però ci piacciono diversi condimenti». E alla fine il risultato è un menu molto democratico.
I progetti per il futuro sono tantissimi, alcuni già pronti per essere realizzati, altri ancora nel cassetto, ma forse per poco. Broad, che si è guadagnato questo soprannome grazie alla passione per i musical, ha un sogno: vorrebbe portare in Italia e riadattare (anche curando la traduzione) Rent, la Bohème in una versione musical pop-rock. E un concerto con Elio? Loro dicono di sì, ma non sono sicuri che anche Elio sia disposto.