Una classicista a Ingegneria
Chi l’ha detto che diventare ingegnere non sia impresa da studenti del liceo classico? Ilaria, iscritta al primo anno, racconta il suo positivo impatto con la vita universitaria, tra Fisica ed Analisi matematica
Sono una matricola iscritta alla Scuola politecnica di Genova: ho scelto di frequentare il corso di studi in Ingegneria biomedica e ho iniziato da un paio di settimane. Ho deciso che avrei intrapreso questi studi due anni fa: avevo qualche difficoltà in matematica e mi facevo aiutare da una mia vicina di casa, una ragazza che era appunto ingegnere biomedico. Lei mi ha spiegato cosa significasse ingegneria biomedica, quali potessero essere le applicazioni e le attività che si trova a svolgere un laureato in questa materia: così mi sono appassionata e, nonostante il mio background fosse il liceo classico, ho deciso di iscrivermi.
Identikit del bioingegnere
Il corso di studi in Ingegneria biomedica si trova un po’ a metà fra il sapere tecnologico in senso stretto e quello più “medico”, relativo alla biologia. Per questo motivo il profilo di chi sceglie questa laurea sarà variegato: si potrà occupare di apparecchiature per la diagnostica, di dispositivi biomedicali come le protesi, della telemedicina. In particolare, dopo la laurea triennale l’università di Genova offre una magistrale con un unico curriculum che offre però insegnamenti afferenti a tre aree: neuroingegneria, bioingegneria per la salute e biomeccanica e biomateriali, a seconda che si voglia intraprendere la strada della ricerca, quella dello studio e la costruzione dei macchinari o quella della diagnostica in generale.
La sede
O sarebbe meglio dire: le sedi. I dipartimenti dell’area di Ingegneria sono infatti dislocati in varie zone di Genova: alcuni si trovano in zona Foce, vicino alla Fiera del mare, mentre altri, come quello che frequento, sono nel quartiere Albaro. Putroppo non c’è una mensa nella mia sede, devo arrivare alla Casa dello studente più vicina, che si trova a dieci minuti a piedi; altrimenti a volte mi accontento delle macchinette o dei bar vicini.
L’impatto
Il mio primo giorno all’università è stato davvero impegnativo: non ero abituata a cinque ore su una sola materia, e per giunta informatica, che io non avevo mai studiato al liceo classico. Nonostante questo, però, la mia impressione è stata del tutto positiva: l’ambiente attorno a me è sano, c’è molta collaborazione fra docenti e studenti, i professori mi sono sembrati tutti disponibili. Altro aspetto importante è quello dell’organizzazione: il piano di studi prevede una serie di insegnamenti, alcuni semestrali, altri annuali, dislocati al meglio nell’arco della settimana. Ad esempio questo semestre, in cui seguo informatica, chimica, fisica e analisi – questi ultimi due sono annuali – riesco ad avere il venerdì libero, anche se i ritmi sono serrati.
La giornata tipo
Per farvi capire cosa intendo per ritmi serrati, vi racconto la mia giornata “bestia nera”, ovvero il mercoledì! Le lezioni iniziano alle otto: ho due ore di analisi, poi un piccolo break di un quarto d’ora, a seguire tre ore di fisica con una lezione frontale. Un’ora per il pranzo e poi si attacca chimica per ben tre ore. La giornata si chiude con inglese fino alle 19.00. Cosa pensate che faccia dopo? Probabile che torni a casa stramazzando sul divano!
Lezione o laboratorio?
Al primo anno gli insegnamenti semestrali prevedono la lezione tradizionale. Non vale lo stesso per quelli annuali: ad esempio con fisica svolgeremo delle attività laboratoriali. Ho avuto l’opportunità di visitare il laboratorio di fisica e quello in cui si preparano i circuiti e sono molto curiosa di iniziare a lavorarci.
Dubbi da matricola
È normale avere qualche dubbio o essere preoccupati quando si arriva all’università: è un mondo nuovo e cambiano le tue abitudini. Ad esempio io ho paura del contatto a tu per tu con i professori: a scuola è diverso, li vedi tutti i giorni, sei in qualche modo sempre sotto pressione e quindi impari a conoscerli e a gestire meglio il rapporto. Qui non è così, non sai chi hai davanti e la maggior parte delle volte ti basi su voci di corridoio di cui non puoi valutare l’attendibilità.
Timori a parte, però, il mio consiglio è di affrontare il primo giorno della vostra vita universitaria con positività: andate tranquilli anche se non conoscete nessuno, sicuramente farete amicizia.
Lo studio
Credo sia importante studiare al passo con le lezioni: almeno per le materie del primo anno, in cui vengono spiegate nozioni base che serviranno per l’intero corso di studi, è meglio non rimanere indietro e imparare tutto all’ultimo. Ho molto apprezzato che i professori del mio dipartimento non obblighino gli studenti a comprare libri per gli esami: forniscono delle dispense che consigliano di integrare con gli appunti presi a lezione. In più indicano una serie di titoli di testi consigliati, che si possono tranquillamente prendere in prestito in biblioteca, gratuitamente. Viene da sé che quindi è importante frequentare le lezioni: non c’è la frequenza obbligatoria, ma direi che seguire i corsi faccia davvero la differenza.
Un percorso universitario per tutti
Consiglierei Ingegneria biomedica a tutti: non credo ci sia bisogno di avere un profilo particolare. Io ad esempio ho fatto il classico, quindi non ho mai studiato informatica o analisi, e nonostante questo mi trovo bene. I primi giorni magari avrete un po’ gli occhi sbarrati perché sono tutte nozioni nuove, ma presto vi abituerete. Per entrare non c’è il numero chiuso, ma un test d’ingresso che individua eventuali carenze in alcune materie: se ci sono lacune si entra con una sorta di debito che si recupera nel corso dell’anno.
Cosa farò da grande?
Alla fine del mio percorso universitario mi piacerebbe lavorare con i chirurghi in sala operatoria, spiegare loro come si usano i macchinari. Sono interessata anche alla ricerca, una strada offerta dall’Università di Genova: credo però che al momento le condizioni nel nostro Paese non favoriscano questa scelta. In ogni caso, c’è tutto il tempo per pensarci, quindi per ora torno alla mia lezione di analisi!
Identikit del bioingegnere
Il corso di studi in Ingegneria biomedica si trova un po’ a metà fra il sapere tecnologico in senso stretto e quello più “medico”, relativo alla biologia. Per questo motivo il profilo di chi sceglie questa laurea sarà variegato: si potrà occupare di apparecchiature per la diagnostica, di dispositivi biomedicali come le protesi, della telemedicina. In particolare, dopo la laurea triennale l’università di Genova offre una magistrale con un unico curriculum che offre però insegnamenti afferenti a tre aree: neuroingegneria, bioingegneria per la salute e biomeccanica e biomateriali, a seconda che si voglia intraprendere la strada della ricerca, quella dello studio e la costruzione dei macchinari o quella della diagnostica in generale.
La sede
O sarebbe meglio dire: le sedi. I dipartimenti dell’area di Ingegneria sono infatti dislocati in varie zone di Genova: alcuni si trovano in zona Foce, vicino alla Fiera del mare, mentre altri, come quello che frequento, sono nel quartiere Albaro. Putroppo non c’è una mensa nella mia sede, devo arrivare alla Casa dello studente più vicina, che si trova a dieci minuti a piedi; altrimenti a volte mi accontento delle macchinette o dei bar vicini.
L’impatto
Il mio primo giorno all’università è stato davvero impegnativo: non ero abituata a cinque ore su una sola materia, e per giunta informatica, che io non avevo mai studiato al liceo classico. Nonostante questo, però, la mia impressione è stata del tutto positiva: l’ambiente attorno a me è sano, c’è molta collaborazione fra docenti e studenti, i professori mi sono sembrati tutti disponibili. Altro aspetto importante è quello dell’organizzazione: il piano di studi prevede una serie di insegnamenti, alcuni semestrali, altri annuali, dislocati al meglio nell’arco della settimana. Ad esempio questo semestre, in cui seguo informatica, chimica, fisica e analisi – questi ultimi due sono annuali – riesco ad avere il venerdì libero, anche se i ritmi sono serrati.
La giornata tipo
Per farvi capire cosa intendo per ritmi serrati, vi racconto la mia giornata “bestia nera”, ovvero il mercoledì! Le lezioni iniziano alle otto: ho due ore di analisi, poi un piccolo break di un quarto d’ora, a seguire tre ore di fisica con una lezione frontale. Un’ora per il pranzo e poi si attacca chimica per ben tre ore. La giornata si chiude con inglese fino alle 19.00. Cosa pensate che faccia dopo? Probabile che torni a casa stramazzando sul divano!
Lezione o laboratorio?
Al primo anno gli insegnamenti semestrali prevedono la lezione tradizionale. Non vale lo stesso per quelli annuali: ad esempio con fisica svolgeremo delle attività laboratoriali. Ho avuto l’opportunità di visitare il laboratorio di fisica e quello in cui si preparano i circuiti e sono molto curiosa di iniziare a lavorarci.
Dubbi da matricola
È normale avere qualche dubbio o essere preoccupati quando si arriva all’università: è un mondo nuovo e cambiano le tue abitudini. Ad esempio io ho paura del contatto a tu per tu con i professori: a scuola è diverso, li vedi tutti i giorni, sei in qualche modo sempre sotto pressione e quindi impari a conoscerli e a gestire meglio il rapporto. Qui non è così, non sai chi hai davanti e la maggior parte delle volte ti basi su voci di corridoio di cui non puoi valutare l’attendibilità.
Timori a parte, però, il mio consiglio è di affrontare il primo giorno della vostra vita universitaria con positività: andate tranquilli anche se non conoscete nessuno, sicuramente farete amicizia.
Lo studio
Credo sia importante studiare al passo con le lezioni: almeno per le materie del primo anno, in cui vengono spiegate nozioni base che serviranno per l’intero corso di studi, è meglio non rimanere indietro e imparare tutto all’ultimo. Ho molto apprezzato che i professori del mio dipartimento non obblighino gli studenti a comprare libri per gli esami: forniscono delle dispense che consigliano di integrare con gli appunti presi a lezione. In più indicano una serie di titoli di testi consigliati, che si possono tranquillamente prendere in prestito in biblioteca, gratuitamente. Viene da sé che quindi è importante frequentare le lezioni: non c’è la frequenza obbligatoria, ma direi che seguire i corsi faccia davvero la differenza.
Un percorso universitario per tutti
Consiglierei Ingegneria biomedica a tutti: non credo ci sia bisogno di avere un profilo particolare. Io ad esempio ho fatto il classico, quindi non ho mai studiato informatica o analisi, e nonostante questo mi trovo bene. I primi giorni magari avrete un po’ gli occhi sbarrati perché sono tutte nozioni nuove, ma presto vi abituerete. Per entrare non c’è il numero chiuso, ma un test d’ingresso che individua eventuali carenze in alcune materie: se ci sono lacune si entra con una sorta di debito che si recupera nel corso dell’anno.
Cosa farò da grande?
Alla fine del mio percorso universitario mi piacerebbe lavorare con i chirurghi in sala operatoria, spiegare loro come si usano i macchinari. Sono interessata anche alla ricerca, una strada offerta dall’Università di Genova: credo però che al momento le condizioni nel nostro Paese non favoriscano questa scelta. In ogni caso, c’è tutto il tempo per pensarci, quindi per ora torno alla mia lezione di analisi!