Scuola

Dolci peccati di gola

Lavorare il cioccolato è una delle professioni più divertenti. Parola di Alessandro Boccardo, il maître chocolatier di una storica bottega di Genova che unisce tradizione e sperimentazione

13 novembre 2013di Fabio Canessa
Quando comincia la storia della bottega Viganotti?
L’attività è nata nel 1866 ed è stata gestita dalla famiglia Viganotti per quattro generazioni: nel 1999, non essendoci né figli né nipoti, i proprietari decisero di affidare a me la gestione, forse perché videro tutta la passione che metto nel mio lavoro.

E lavorate con gli stessi macchinari del 1800?
Esattamente: noi siamo molto legati alla tradizione, anche per quanto riguarda la produzione, ma questo non esclude uno sguardo alle novità. Ad esempio a me piace molto sperimentare, provare accostamenti nuovi: ultimamente mi sono dato alle spezie.

Quali cioccolatini ha creato?
Ho iniziato con tre tipi abbastanza diffusi: zenzero, cannella e peperoncino. Poi ho provato pepi, sali ed erbe aromatiche e sono arrivato ad oggi a 50 tipologie di cioccolato speziato. Utilizzare le spezie è anche un modo per tornare all’origine stessa della storia del cioccolato: all’epoca dei Maya, infatti, era conosciuto proprio come bevanda speziata.

Come si realizza un cioccolatino speziato?
In questo momento sto provando sali rossi e blu: in ogni caso utilizzo la spezia pura e non l’olio essenziale; la metto in infusione per alcuni giorni e poi la utilizzo con il cioccolato.

Tornando alla tradizione: qual è il vostro prodotto più apprezzato?
Il nostro cavallo di battaglia è sicuramente il croccantino: zucchero sciolto con nocciole e poi ricoperto di cioccolato. Poi abbiamo l’arancio candito, il boero, molto apprezzati. Si tratta dei classici cioccolatini che i nonni di oggi assaggiavano con i loro nonni presso la nostra bottega.

Quali sono le principali differenze tra un cioccolatino prodotto artigianalmente e uno industriale?
La materia prima sicuramente. Esistono tre tipologie di cioccolato: il criollo, che è usato solo per l’1% della produzione, poi il trinitario, utilizzato per il 9%; ma a farla da padrone è il forastero, che è nel 90% dei cioccolatini. Il forastero è il più neutro e il meno aromatico dei tipi di cacao: è popolare perché non prolifica molto, non patisce gli insetti e gli agenti atmosferici. È evidente quindi che nella produzione industriale venga preferito quest’ultimo tipo. Noi invece utilizziamo cacao che provengono dal Centro e Sud America: in questo periodo sto cercando anche particolari tipi di cacao criollo.

Dal punto di vista della lavorazione ci sono processi diversi?
Diciamo che il fatto di avere macchinari di alto livello tecnologico permette di lavorare grandi quantità, ma appiattisce la creatività e l’estro, che sono poi la parte bella di questo lavoro.

E il cliente apprezza questa differenza?
Sicuramente sì, anzi in un momento di crisi magari rinuncia alla quantità, ma per un prodotto di qualità.
Altri pregi dei cioccolatini artigianali…
Non abbiamo il problema della conservazione, quindi non inseriamo nei prodotti grassi idrogenati.

Qual è il vostro ambiente ideale per lavorare?
La temperatura del cioccolato deve essere di dieci gradi inferiore a quella di temperaggio: in pratica ha bisogno di un fresco cantina senza umido, 16-18 gradi con tasso di umidità dal 50 al 55%.

Quanto ci si mette a fare un cioccolatino?
Dipende dal tipo: alcuni li produciamo in giornata, mentre per altri possiamo crearci una scorta. Ad esempio nel caso di un cremino si fa la tostatura delle nocciole, si lavorano con zucchero e cacao e si raffina il prodotto; poi si mette via alle temperature che dicevo prima pronto per essere preso per la finalizzazione.

Esiste un cioccolatino tipicamente ligure?
Una volta mi trovavo in Belgio e ho portato ad un collega dei mazzetti di basilico fresco: insieme abbiamo creato un cioccolatino al basilico. Tutti i presenti – genovesi e non – hanno apprezzato! Purtroppo non l’ho più riproposto qui, perché è il tipico prodotto di giornata: va consumato perché il basilico si rovina presto.

Immaginiamo che un ragazzo voglia intraprendere questa strada: che deve fare?
In realtà non servono particolari predisposizioni, basta metterci l’impegno e si riesce ad imparare abbastanza in fretta. Il mio sogno nel cassetto è quello di creare una sorta di scuola, un ponte fra la fine degli studi e il mondo del lavoro, per poter dare una qualifica ai ragazzi.

Ci sono prospettive in questo settore?
Diciamo di sì, siamo una piccola isola felice pur con tutte le difficoltà: la burocrazia, la pressione fiscale molto spesso ci limitano nelle nostre scelte di ampliamento. E poi c’è l’attitudine personale: il mio carattere è muovermi e sperimentare sempre, alla fine i risultati si ottengono.

Tanto la gola non va mai in crisi…
Esatto! Basta non eccedere!
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