Metti una sera a casa
Novità. Quando il concerto è fra le quattro mura
In Italia la dimensione live è in profonda crisi, come, più o meno, tutto il settore musicale, ma c'è ancora chi, spinto dalla voglia di far ascoltare la propria musica a più persone possibili, si fa in quattro e porta direttamente a casa dei propri fan l'esperienza del live.
Stiamo parlando dell' “acasatour” di Niccolò Bossini, il chitarrista di Ligabue che, parallelamente, coltiva il suo percorso da artista solista e ci ha dedicato un po' del suo tempo parlandoci dei suoi progetti e delle sue idee che speriamo diventino presto realtà foriere di speranza per la scena musicale nazionale!
Per quel che riguarda #secondolavoro come descriverebbe l'album ad una persona che non ha idea di quello che è il suo trascorso artistico?
Secondo me è un album molto, molto americano: credo abbia dentro di sé delle caratteristiche di un certo tipo di rock, ma non un rock stantio o quello che viene definito, con disprezzo, “rock padano”. Si tratta di un rock dalla chiara matrice americana classica, da un certo punto di vista; ma molto tirato e punta molto sulla forza delle canzoni. L'album è stato registrato gran parte in America e, nonostante ci sia sopra il mio nome, ha ovviamente un sound fortemente caratterizzato dalla presenza della band che mi ha accompagnato in questo percorso. Devo dire che mi sforzo sempre di proporre delle belle canzoni: a loro modo qualcuna è anche molto allegra, di speranza e con dei ritornelli molto orecchiabili, nonostante abbiano un sottofondo di rock a volte anche molto duro.
A proposito di America, infatti, come è stata l'esperienza ai Sound City Studios (che penso siano uno di quei luoghi che sa come mettere un po' di brividi!)?
Béh, molto più di “un po'”! Noi abbiamo avuto questo contatto quasi per caso: ero a Londra per un concerto con Luciano e c'era Micheal, il batterista di Luciano, che è americano, di San Francisco. Gli stavo dicendo che avevo visto la sera prima il docufilm che ha fatto Dave Grohl dei Foo Fighters su Sound City, che non ero mai stato a Los Angeles e che mi sarebbe piaciuto tantissimo andare in quello studio: potevo unire le due cose e realizzare un sogno! Lui mi ha detto che conosceva i nuovi proprietari di Sound City e mi ha fatto da tramite: abbiamo contrattato per un po', poi abbiamo fatto due giorni in studio con Matteo Tagliavini alla chitarra e Marco Massarenti al basso, registrando tre pezzi con Micheal alla batteria. Avevamo preparato bene i pezzi in Italia, fatto le preproduzioni, quindi siamo arrivati con i nostri hard disk con le nostre voci separate già un po' registrate, abbiamo provato a suonare e ad un certo punto il produttore dei Gotye e dei Lumineers, il nuovo proprietario dei Sound City, è entrato nella stanza e ci ha detto che secondo lui non stavamo facendo del rock. “Dovete togliere le basi su cui state registrando, togliere il metronomo al batterista, dovete alzarvi in piedi e fare del rock'n'roll!” e così è stato! È stata un'esperienza veramente esaltante, perché il suono che sgorgava fuori da quella stanza era pazzesco: Micheal, che ha cinquant'anni, mi ha detto che è il più bel suono di batteria che gli sia mai capitato di avere registrato in tutta la sua vita. Una esperienza fantastica da ricordare anche tra trenta o quarant'anni!
Come è nata l'idea dell' “acasatour” e quali sono le impressioni di queste date?
L'idea è venuta fuori perché si è fatto di necessità una virtù: io ho bisogno di suonare e gli spazi per suonare sono veramente pochi (lo dico sperando che non venga interpretato come un piagnisteo!) anche per uno che è noto perché suona in grandi arene e in grandi stadi con una rockstar come Ligabue. Non c'è niente da fare: gli spazi sono pochi e occupati da chi esce dai talent show e soprattutto, purtroppo, dalle tribute band e quindi uno però, volendo suonare e volendo promuovere il lavoro che sta facendo, deve ingegnarsi. Così facendo abbiamo pensato al tour nelle case delle persone, creando questa fidelizzazione così forte con i fan e allo stesso tempo ci è piaciuto avere un'idea che, mediaticamente, avesse una sua risonanza!
Noi abbiamo lanciato l'idea e ci hanno scritto in tantissimi: chiaramente abbiamo dovuto scremare anche a seconda della vera intenzione che si aveva di ospitare il tutto perché non è una cosa così semplice come può sembrare! Chiediamo loro delle foto, le dimensioni delle stanze e le varie misure, di spostare dei mobili; chiediamo di fare da collettore per i fan che scriveranno per prenotare il proprio pass (gratuito!) per entrare... e dopo la scrematura di chi ha la voglia di fare tutto questo e di chi aveva gli spazi per renderlo reale, abbiamo organizzato le quattro date: una in Sardegna, una a Milano, una a Firenze e una a Pompei. L'atmosfera è sempre stata magica: delle emozioni bellissime e delle esperienze fantastiche!
Un consiglio per chi è alle prime armi e vorrebbe fare il musicista?
La situazione da un certo punto di vista è così deprimente che il primo consiglio che mi viene in mente è lasciare perdere. Se vuoi un buon consiglio è “non farlo”, ma se l'avessero dato a me io l'avrei fatto lo stesso, quindi è un consiglio inutile e poco costruttivo.
Se devo dare un consiglio è di avere pazienza perché non avere pazienza ti fa perdere del tempo e il consiglio migliore che si può dare e non perdere tempo.
Il tempo è l'unica cosa che ha un valore inestimabile: tentare il più possibile di fare delle scelte che non ti facciano perdere di vista il tuo obiettivo finale è indispensabile. Hai fretta di fare le cose, le fai male e hai bisogno di ancora più tempo per rimediare. Io, se potessi tornare indietro, qualche scelta un po' cocciuta, fatta anche un po' di fretta, non la rifarei.
Stiamo parlando dell' “acasatour” di Niccolò Bossini, il chitarrista di Ligabue che, parallelamente, coltiva il suo percorso da artista solista e ci ha dedicato un po' del suo tempo parlandoci dei suoi progetti e delle sue idee che speriamo diventino presto realtà foriere di speranza per la scena musicale nazionale!
Per quel che riguarda #secondolavoro come descriverebbe l'album ad una persona che non ha idea di quello che è il suo trascorso artistico?
Secondo me è un album molto, molto americano: credo abbia dentro di sé delle caratteristiche di un certo tipo di rock, ma non un rock stantio o quello che viene definito, con disprezzo, “rock padano”. Si tratta di un rock dalla chiara matrice americana classica, da un certo punto di vista; ma molto tirato e punta molto sulla forza delle canzoni. L'album è stato registrato gran parte in America e, nonostante ci sia sopra il mio nome, ha ovviamente un sound fortemente caratterizzato dalla presenza della band che mi ha accompagnato in questo percorso. Devo dire che mi sforzo sempre di proporre delle belle canzoni: a loro modo qualcuna è anche molto allegra, di speranza e con dei ritornelli molto orecchiabili, nonostante abbiano un sottofondo di rock a volte anche molto duro.
A proposito di America, infatti, come è stata l'esperienza ai Sound City Studios (che penso siano uno di quei luoghi che sa come mettere un po' di brividi!)?
Béh, molto più di “un po'”! Noi abbiamo avuto questo contatto quasi per caso: ero a Londra per un concerto con Luciano e c'era Micheal, il batterista di Luciano, che è americano, di San Francisco. Gli stavo dicendo che avevo visto la sera prima il docufilm che ha fatto Dave Grohl dei Foo Fighters su Sound City, che non ero mai stato a Los Angeles e che mi sarebbe piaciuto tantissimo andare in quello studio: potevo unire le due cose e realizzare un sogno! Lui mi ha detto che conosceva i nuovi proprietari di Sound City e mi ha fatto da tramite: abbiamo contrattato per un po', poi abbiamo fatto due giorni in studio con Matteo Tagliavini alla chitarra e Marco Massarenti al basso, registrando tre pezzi con Micheal alla batteria. Avevamo preparato bene i pezzi in Italia, fatto le preproduzioni, quindi siamo arrivati con i nostri hard disk con le nostre voci separate già un po' registrate, abbiamo provato a suonare e ad un certo punto il produttore dei Gotye e dei Lumineers, il nuovo proprietario dei Sound City, è entrato nella stanza e ci ha detto che secondo lui non stavamo facendo del rock. “Dovete togliere le basi su cui state registrando, togliere il metronomo al batterista, dovete alzarvi in piedi e fare del rock'n'roll!” e così è stato! È stata un'esperienza veramente esaltante, perché il suono che sgorgava fuori da quella stanza era pazzesco: Micheal, che ha cinquant'anni, mi ha detto che è il più bel suono di batteria che gli sia mai capitato di avere registrato in tutta la sua vita. Una esperienza fantastica da ricordare anche tra trenta o quarant'anni!
Come è nata l'idea dell' “acasatour” e quali sono le impressioni di queste date?
L'idea è venuta fuori perché si è fatto di necessità una virtù: io ho bisogno di suonare e gli spazi per suonare sono veramente pochi (lo dico sperando che non venga interpretato come un piagnisteo!) anche per uno che è noto perché suona in grandi arene e in grandi stadi con una rockstar come Ligabue. Non c'è niente da fare: gli spazi sono pochi e occupati da chi esce dai talent show e soprattutto, purtroppo, dalle tribute band e quindi uno però, volendo suonare e volendo promuovere il lavoro che sta facendo, deve ingegnarsi. Così facendo abbiamo pensato al tour nelle case delle persone, creando questa fidelizzazione così forte con i fan e allo stesso tempo ci è piaciuto avere un'idea che, mediaticamente, avesse una sua risonanza!
Noi abbiamo lanciato l'idea e ci hanno scritto in tantissimi: chiaramente abbiamo dovuto scremare anche a seconda della vera intenzione che si aveva di ospitare il tutto perché non è una cosa così semplice come può sembrare! Chiediamo loro delle foto, le dimensioni delle stanze e le varie misure, di spostare dei mobili; chiediamo di fare da collettore per i fan che scriveranno per prenotare il proprio pass (gratuito!) per entrare... e dopo la scrematura di chi ha la voglia di fare tutto questo e di chi aveva gli spazi per renderlo reale, abbiamo organizzato le quattro date: una in Sardegna, una a Milano, una a Firenze e una a Pompei. L'atmosfera è sempre stata magica: delle emozioni bellissime e delle esperienze fantastiche!
Un consiglio per chi è alle prime armi e vorrebbe fare il musicista?
La situazione da un certo punto di vista è così deprimente che il primo consiglio che mi viene in mente è lasciare perdere. Se vuoi un buon consiglio è “non farlo”, ma se l'avessero dato a me io l'avrei fatto lo stesso, quindi è un consiglio inutile e poco costruttivo.
Se devo dare un consiglio è di avere pazienza perché non avere pazienza ti fa perdere del tempo e il consiglio migliore che si può dare e non perdere tempo.
Il tempo è l'unica cosa che ha un valore inestimabile: tentare il più possibile di fare delle scelte che non ti facciano perdere di vista il tuo obiettivo finale è indispensabile. Hai fretta di fare le cose, le fai male e hai bisogno di ancora più tempo per rimediare. Io, se potessi tornare indietro, qualche scelta un po' cocciuta, fatta anche un po' di fretta, non la rifarei.