A ruota libera!
Il giovane Davide Ghelli lavora come manutentore di biciclette nella grande distribuzione, ma spera di poter diventare presto un telaista vecchia maniera. E ai ragazzi consiglia: fate quello che vi piace
Da quanto tempo fai questo lavoro? Com’è nata questa passione?
Faccio il manutentore di biciclette da circa quattro anni: tutto è nato dal mio amore per le due ruote. Ho iniziato ad andare in bici da piccolo: era ed è un modo per staccarmi da tutto e tutti. Da lì non l’ho più mollata.
Secondo te è possibile coniugare un lavoro del genere con l’agonismo sportivo?
Molto spesso capita che chi fa questo mestiere vada in bicicletta con costanza, soprattutto se si lavora in piccole botteghe, che fanno la pausa lunga per pranzo. Conosco amici che dedicano l’ultima mezz’ora della mattinata a mettere a posto la bici e poi pedalano per due, tre ore prima di tornare al lavoro.
Quali difficoltà si incontrano quando si inizia a fare questo mestiere?
Con la bicicletta si ha a che fare con una serie di meccanismi: uno deve mettersi lì e studiare. Purtroppo non è facile trovare qualcuno che ti insegni oggi, un po’ perché i piccoli artigiani non possono permettersi apprendisti, un po’ perché la filosofia oggi è: produci, consuma, crepa. La cultura del riutilizzo non è molto diffusa.
È possibile imparare qualcosa da autodidatti?
Sì, le cose fondamentali sicuramente, basta avere un po’ di pazienza e non avere fretta.
Ad esempio?
Cambiare una camera d’aria: è davvero semplice.
Quanto ci vuole?
Al massimo cinque minuti: si tratta di tirare via la gomma, sfilare la camera d’aria rotta e sostituirla con quella nuova. Pensate che nelle competizioni come il Giro d’Italia ci impiegano solo 40 secondi.
Cos’è cambiato nelle tecniche di costruzione delle biciclette?
I telai moderni sono fatti in carbonio, durano cinque anni e poi sono usurati. I piccoli artigiani, invece, costruiscono telai in acciaio che resistono molto più nel tempo. Un famoso telaista, Pegoretti, diceva che l’acciaio è un bel materiale perché è vivo, cambia a seconda di come lo si lavora, a seconda della temperatura.
È più semplice la manutenzione delle bici nuove o vecchie?
Dipende, non c’è una risposta univoca. Le vecchie sono più difficili da riparare, però venivano costruite con pezzi standard, quindi è facile fare un rattoppo. Con le nuove questo è impossibile, però al tempo stesso l’elettronica ha semplificato molti passaggi.
Quanto è diffusa la passione per la bici fra i giovani?
Mi sembra stia crescendo, anche qui a Genova, ma la passione può diventare anche un lavoro. All’estero esistono piccole società di biciclettai che fanno consegne: nessuno chiama il Tnt di turno, ma si affida a loro. Qui è ancora poco diffuso.
Ora lavori nella grande distribuzione, ma qual è il tuo sogno?
Fare il telaista: mi piace costruire bici fatte su misura, nate per durare. Ma devo trovare qualcuno che mi insegni: è un lavoro troppo preciso e non si può improvvisare.
Serve un forte investimento iniziale?
Sì, per comprare l’attrezzatura: le bombole, gli strumenti per saldare, quelli per fare le misure. Naturalmente si può provare a risparmiare, ma non si costruiranno mai telai come si deve.
Oggi è una strada semplice per un ragazzo come te che vuole fare questo mestiere?
Semplice no, ma non impossibile. Il primo problema riguarda la formazione: i piccoli artigiani proprio non possono permettersi apprendisti a bottega, quindi sarebbero necessari incentivi da parte dello Stato. Poi c’è la volontà personale: è un mestiere che richiede motivazione, pazienza e manualità. Infine, non bisogna avere fretta: uscire dalla mentalità della quantità per prediligere la qualità.
L’Italia punta molto sul made in Italy, esiste una tradizione del telaio all’italiana?
C’è, ma non è abbastanza valorizzata. Pensate che un gruppo di ragazzi ha avviato la propria attività basata solo sull’export: recuperano bici vecchie, le riparano e poi le vendono all’estero, dove c’è molta richiesta di telai italiani.
Che consiglio vuoi dare ai tuoi coetanei?
Di fare qualcosa che amano. Lavoreranno bene e vivranno meglio, perché il lavoro sembrerà un divertimento. Non dico sia facile, ma non è utopia: magari prima si dovrà rinunciare all’aspetto economico, come sta capitando a me. Ma io preferisco avere 400 euro in meno ed essere felice di quello che faccio. Se sono rilassato, contento, farò il mio lavoro al meglio e le soddisfazioni, anche economiche, non tarderanno ad arrivare.
Faccio il manutentore di biciclette da circa quattro anni: tutto è nato dal mio amore per le due ruote. Ho iniziato ad andare in bici da piccolo: era ed è un modo per staccarmi da tutto e tutti. Da lì non l’ho più mollata.
Secondo te è possibile coniugare un lavoro del genere con l’agonismo sportivo?
Molto spesso capita che chi fa questo mestiere vada in bicicletta con costanza, soprattutto se si lavora in piccole botteghe, che fanno la pausa lunga per pranzo. Conosco amici che dedicano l’ultima mezz’ora della mattinata a mettere a posto la bici e poi pedalano per due, tre ore prima di tornare al lavoro.
Quali difficoltà si incontrano quando si inizia a fare questo mestiere?
Con la bicicletta si ha a che fare con una serie di meccanismi: uno deve mettersi lì e studiare. Purtroppo non è facile trovare qualcuno che ti insegni oggi, un po’ perché i piccoli artigiani non possono permettersi apprendisti, un po’ perché la filosofia oggi è: produci, consuma, crepa. La cultura del riutilizzo non è molto diffusa.
È possibile imparare qualcosa da autodidatti?
Sì, le cose fondamentali sicuramente, basta avere un po’ di pazienza e non avere fretta.
Ad esempio?
Cambiare una camera d’aria: è davvero semplice.
Quanto ci vuole?
Al massimo cinque minuti: si tratta di tirare via la gomma, sfilare la camera d’aria rotta e sostituirla con quella nuova. Pensate che nelle competizioni come il Giro d’Italia ci impiegano solo 40 secondi.
Cos’è cambiato nelle tecniche di costruzione delle biciclette?
I telai moderni sono fatti in carbonio, durano cinque anni e poi sono usurati. I piccoli artigiani, invece, costruiscono telai in acciaio che resistono molto più nel tempo. Un famoso telaista, Pegoretti, diceva che l’acciaio è un bel materiale perché è vivo, cambia a seconda di come lo si lavora, a seconda della temperatura.
È più semplice la manutenzione delle bici nuove o vecchie?
Dipende, non c’è una risposta univoca. Le vecchie sono più difficili da riparare, però venivano costruite con pezzi standard, quindi è facile fare un rattoppo. Con le nuove questo è impossibile, però al tempo stesso l’elettronica ha semplificato molti passaggi.
Quanto è diffusa la passione per la bici fra i giovani?
Mi sembra stia crescendo, anche qui a Genova, ma la passione può diventare anche un lavoro. All’estero esistono piccole società di biciclettai che fanno consegne: nessuno chiama il Tnt di turno, ma si affida a loro. Qui è ancora poco diffuso.
Ora lavori nella grande distribuzione, ma qual è il tuo sogno?
Fare il telaista: mi piace costruire bici fatte su misura, nate per durare. Ma devo trovare qualcuno che mi insegni: è un lavoro troppo preciso e non si può improvvisare.
Serve un forte investimento iniziale?
Sì, per comprare l’attrezzatura: le bombole, gli strumenti per saldare, quelli per fare le misure. Naturalmente si può provare a risparmiare, ma non si costruiranno mai telai come si deve.
Oggi è una strada semplice per un ragazzo come te che vuole fare questo mestiere?
Semplice no, ma non impossibile. Il primo problema riguarda la formazione: i piccoli artigiani proprio non possono permettersi apprendisti a bottega, quindi sarebbero necessari incentivi da parte dello Stato. Poi c’è la volontà personale: è un mestiere che richiede motivazione, pazienza e manualità. Infine, non bisogna avere fretta: uscire dalla mentalità della quantità per prediligere la qualità.
L’Italia punta molto sul made in Italy, esiste una tradizione del telaio all’italiana?
C’è, ma non è abbastanza valorizzata. Pensate che un gruppo di ragazzi ha avviato la propria attività basata solo sull’export: recuperano bici vecchie, le riparano e poi le vendono all’estero, dove c’è molta richiesta di telai italiani.
Che consiglio vuoi dare ai tuoi coetanei?
Di fare qualcosa che amano. Lavoreranno bene e vivranno meglio, perché il lavoro sembrerà un divertimento. Non dico sia facile, ma non è utopia: magari prima si dovrà rinunciare all’aspetto economico, come sta capitando a me. Ma io preferisco avere 400 euro in meno ed essere felice di quello che faccio. Se sono rilassato, contento, farò il mio lavoro al meglio e le soddisfazioni, anche economiche, non tarderanno ad arrivare.