Chi vuole il cambiamento lo trova in campagna
Il mercato respinge i giovani a prescindere dalla loro formazione? Allora perché non ricominciare dalla terra, recuperando le esperienze agricole e rinnovandole con il sapere di oggi?
Respirare aria pulita, mangiare biologico, vivere lontano dallo stress. Sembra la scena di una pubblicità sul benessere, invece può diventare un lavoro, una realtà possibile. Ce lo racconta Maurizio Carucci, titolare di Cascina Barbàn, una piccola borgata in pietra, abbandonata da mezzo secolo situata in alta Valle Borbera che è diventata casa sua e di Martina Panarese.
Una scelta impegnativa. Com’è maturata?
Non ci piacevano le situazioni che vedevamo intorno a noi, in televisione, la crisi spiazzante che cresceva e travolgeva il futuro. Così mi sono detto, come Troisi nel film: “Ricomincio da tre”. Non da zero. Dal ritrovare qualcosa che già esisteva in passato recuperando un’esperienza agricola.
Di che cosa si occupa la tua Azienda?
Coltivazione di ortaggi e recupero di grani storici che sono molto alti, bilanciati e digeribilissimi. Vogliamo anche diffondere gli aspetti culturali legati alla professione del contadino ospitando ragazzi giovani.
I pro e i contro?
Si vive in un posto bellissimo, si mangia bene e questo “accarezza” l’umore. Il contro potrebbe essere rappresentato dalla fatica che non è in realtà un aspetto così negativo: è piuttosto una testimonianza dell’essere vivi.
Come si possono acquisire le competenze necessarie per fare il tuo mestiere?
Conta innanzitutto la curiosità, la molla che ti fa indagare, studiare. Ad esempio, se il cavolo ha la cavolaria e tu per debellarla non vuoi usare composti chimici devi studiare, intraprendere un percorso culturale.
Che messaggio lasceresti ai ragazzi che ci leggono?
Chiedersi: cosa voglio dalla vita? Essere contadino testimonia un possibile cambiamento. Credere in una crescita sostenibile vuol dire avviare un’impresa agricola che mette insieme questo obiettivo con il miglioramento della qualità della vita per tutti.
TORNARE ALLA TERRA? IL SOGNO DI MOLTI UNDER 30
Fino a qualche anno fa l’agricoltura era considerata un settore poco attrattivo per i giovani. Ora le cose stanno cambiando. A dirlo sono i numeri di un’indagine di Coldiretti/Swg da cui emerge che, per la prima volta da almeno dieci anni, aumentano le imprese gestite da giovani (+4,2% nel secondo trimestre del 2012), aumentano gli occupati (+10,1%) e gli iscritti agli istituti agrari (+11%, dati Miur).
Non solo. Sembra che il 50% dei giovani tra i 18 e i 34 anni preferisca gestire un agriturismo piuttosto che fare l’impiegato in banca (23%) o lavorare in una multinazionale (19%). In generale, tra tutti gli italiani il 28% scambierebbe il proprio lavoro con quello dell’agricoltore. Il motivo? Una vita più sana (lo dice un cittadino su due) e più libertà (17%). “Alla base di questa inversione di tendenza ci sono le caratteristiche anticicliche del settore in tempi di crisi e la legge di orientamento 228/2001, fortemente sostenuta da Coldiretti, che ha rivoluzionato l’impresa nelle campagne, aprendo nuove opportunità occupazionali. Se si considera la formazione degli agricoltori under 30, emerge che una percentuale alta (36,5%) ha una scolarità elevata (è laureato, laureando o specializzato), segno che il ritorno alla terra è anche caratterizzato da una forte componente di innovazione.
In agricoltura il lavoro c’è. I dati mostrano che non si tratta di un fenomeno marginale, ma di opportunità reali. Non aumentano solo i lavoratori dipendenti, ma anche gli autonomi (+2,9%). Il trend positivo è il risultato di una crescita record di occupati al Nord (+13,7%) e del 3,5% al Sud (in calo invece al Centro -3,2%). Coldiretti stima che un lavoratore dipendente su quattro assunto in agricoltura ha meno di 40 anni. Aumentano anche i giovani e gli stranieri, che hanno superato abbondantemente la quota delle 100 mila unità. L’agricoltura è anche l’unico settore che fa segnare un aumento del Pil (+1,1%), un dato in controtendenza considerato che sono in calo tanto l’industria, quanto le costruzioni e i servizi.
Una scelta impegnativa. Com’è maturata?
Non ci piacevano le situazioni che vedevamo intorno a noi, in televisione, la crisi spiazzante che cresceva e travolgeva il futuro. Così mi sono detto, come Troisi nel film: “Ricomincio da tre”. Non da zero. Dal ritrovare qualcosa che già esisteva in passato recuperando un’esperienza agricola.
Di che cosa si occupa la tua Azienda?
Coltivazione di ortaggi e recupero di grani storici che sono molto alti, bilanciati e digeribilissimi. Vogliamo anche diffondere gli aspetti culturali legati alla professione del contadino ospitando ragazzi giovani.
I pro e i contro?
Si vive in un posto bellissimo, si mangia bene e questo “accarezza” l’umore. Il contro potrebbe essere rappresentato dalla fatica che non è in realtà un aspetto così negativo: è piuttosto una testimonianza dell’essere vivi.
Come si possono acquisire le competenze necessarie per fare il tuo mestiere?
Conta innanzitutto la curiosità, la molla che ti fa indagare, studiare. Ad esempio, se il cavolo ha la cavolaria e tu per debellarla non vuoi usare composti chimici devi studiare, intraprendere un percorso culturale.
Che messaggio lasceresti ai ragazzi che ci leggono?
Chiedersi: cosa voglio dalla vita? Essere contadino testimonia un possibile cambiamento. Credere in una crescita sostenibile vuol dire avviare un’impresa agricola che mette insieme questo obiettivo con il miglioramento della qualità della vita per tutti.
TORNARE ALLA TERRA? IL SOGNO DI MOLTI UNDER 30
Fino a qualche anno fa l’agricoltura era considerata un settore poco attrattivo per i giovani. Ora le cose stanno cambiando. A dirlo sono i numeri di un’indagine di Coldiretti/Swg da cui emerge che, per la prima volta da almeno dieci anni, aumentano le imprese gestite da giovani (+4,2% nel secondo trimestre del 2012), aumentano gli occupati (+10,1%) e gli iscritti agli istituti agrari (+11%, dati Miur).
Non solo. Sembra che il 50% dei giovani tra i 18 e i 34 anni preferisca gestire un agriturismo piuttosto che fare l’impiegato in banca (23%) o lavorare in una multinazionale (19%). In generale, tra tutti gli italiani il 28% scambierebbe il proprio lavoro con quello dell’agricoltore. Il motivo? Una vita più sana (lo dice un cittadino su due) e più libertà (17%). “Alla base di questa inversione di tendenza ci sono le caratteristiche anticicliche del settore in tempi di crisi e la legge di orientamento 228/2001, fortemente sostenuta da Coldiretti, che ha rivoluzionato l’impresa nelle campagne, aprendo nuove opportunità occupazionali. Se si considera la formazione degli agricoltori under 30, emerge che una percentuale alta (36,5%) ha una scolarità elevata (è laureato, laureando o specializzato), segno che il ritorno alla terra è anche caratterizzato da una forte componente di innovazione.
In agricoltura il lavoro c’è. I dati mostrano che non si tratta di un fenomeno marginale, ma di opportunità reali. Non aumentano solo i lavoratori dipendenti, ma anche gli autonomi (+2,9%). Il trend positivo è il risultato di una crescita record di occupati al Nord (+13,7%) e del 3,5% al Sud (in calo invece al Centro -3,2%). Coldiretti stima che un lavoratore dipendente su quattro assunto in agricoltura ha meno di 40 anni. Aumentano anche i giovani e gli stranieri, che hanno superato abbondantemente la quota delle 100 mila unità. L’agricoltura è anche l’unico settore che fa segnare un aumento del Pil (+1,1%), un dato in controtendenza considerato che sono in calo tanto l’industria, quanto le costruzioni e i servizi.