"L'Ultimo Giorno di Sole": a tu per tu con Chiara Buratti
L’album “L’Ultimo Giorno di Sole” (Orlantibor / NAR International) con i testi inediti e le musiche del grande Giorgio Faletti (scomparso lo scorso luglio), interpretati dall’attrice Chiara Buratti, cara amica dello scrittore-autore, e arrangiati da Andrea Mirò è disponibile nei negozi tradizionali, in digital download e sulle piattaforme streaming. Il 4 luglio al Teatro Alfieri di Asti ha debuttato l’omonimo spettacolo di musica e parole, con protagonista la stessa Chiara Buratti. L’album è composto da nove brani descrivibili come "racconti nel racconto", nove affreschi indipendenti che, oltre a restituire il talento narrativo di Giorgio Faletti, svelano anche la varietà delle sue influenze musicali e dei suoi ascolti.
Abbiamo fatto qualche domanda a Chiara Buratti, per capire meglio sia come è andato l'approccio ad uno spettacolo del genere, sia per conoscerla meglio.
Quando ha capito che la carriera d'attrice sarebbe stata quella che l'avrebbe coinvolta maggiormente a livello professionale?
Il teatro è stato una mia grande passione sin da quando ero bambina, più che il cinema: ho due genitori molto appassionati di teatro, facevano gli abbonamenti alle stagioni teatrali, io volevo sempre andare con loro; ho visto uno spettacolo teatrale di Pirandello, “Così è, se vi pare”, con Ileana Ghione nel ruolo della signora Frola, e lì ho capito (avrò avuto dieci anni, eh! Come la bambine, di solito, sperano e sognano di fare le ballerine, io ho sempre sognato di fare l'attrice!) che avrei voluto essere un'attrice di teatro. Sin da piccolina, il che è strano, ho sempre voluto essere attrice di teatro: solitamente è più comune sognare di diventare una star, una diva e comunque tu sai che quando decidi di diventare un'attrice di teatro, non diventerai mai una star o una diva, perché difficile che ti riconoscano, a meno che non ci siano dei rari casi, come Piera Degli Esposti, come Maddalena Crippa... quei due, tre nomi veramente eccezionali, ecco! Ho sempre studiato, parallelamente: ho fatto l'università, ho fatto un percorso classico di studi, soprattutto per accontentare i genitori, come credo facciano molti ragazzi! Poi, però c'è stata una chiamata: il giorno dopo la discussione della mia tesi di laurea (mi sono laureata in scienze politiche, con una tesi proprio su Pirandello, sul discorso dei giochi di ruolo: non riuscivo a staccarmi dal discorso del teatro, dalle sfumature delle personalità e dalle sfaccettature delle persone) mi hanno comunicato che ero stato scelta ad un provino con Lando Buzzanca per lo spettacolo “La zia di Carlo” di Brandon Thomas, una commedia musicale nel periodo in cui Buzzanca voleva un po' sdoganarsi da quello che era il suo periodo da “Merlo maschio”, da comico diciamo di “second'ordine”. Questa era una commedia musicale di un certo livello, aveva le musiche di Bruno Zambrini; abbiamo fatto 160 repliche in tutti i teatri italiani. Questa chiamata, dopo aver discusso la tesi, l'ho presa come la chiamata giusta: avevo bisogno di una risposta, di un segnale che mi dicesse “scegli una strada!” e la strada può essere questa! Quella telefonata mi ha confermato che potevo cercare di realizzare il mio sogno tentando la strada del teatro, che è sicuramente una strada difficile... mi fa piacere poterne parlare a ragazzi così giovani: so che è una strada complicatissima! Io ho fatto la scuola di cinema a Roma, ma tornassi indietro cercherei di studiare ancora di più! Tornassi indietro mi dedicherei solo al teatro e credo che sia servito molto studiare all'Università, perché mi ha dato un'apertura mentale e questa grande curiosità che ho in tutto quello che faccio, però a volte mi dico “caspita, mi sono persa quattro/cinque anni di vita a studiare diritto e sociologia e invece avrei preferito studiare Beckett o Ionesco!”. Mi sono rifatta dopo, comunque, sicuramente!
Il consiglio per chi vorrebbe intraprendere il percorso teatrale?
Ho iniziato a studiare teatro, ho fatto un corso di arte drammatica a Modena, ho iniziato così, poi ho sentito l'esigenza di approfondire con altri studi, frequentare seminari, però sì, purtroppo mi rendo conto che per chi vuole fare teatro è molto importante avere il diploma di una scuola seria. Anche nel caso si vogliano sostenere dei provini di un certo livello, è fondamentale questo, anche se ci sono delle scuole che danno un'impostazione abbastanza univoca a tutti i ragazzi! Ci sono delle scuole di musical che fanno uscire ragazzi che cantano tutti allo stesso modo, bisogna scegliere la scuola giusta e portare soprattutto avanti la propria personalità: imparare perfettamente la tecnica, su questo sono d'accordissimo, però poi dimenticarsene, metterci del proprio! Altrimenti poi diventi un attore, come un cantante, uguale a tutti gli altri: devi scoprire quale sia la tua diversità, la tua unicità! Nel teatro, il mio obiettivo, è stato quello di trovare una naturalezza che non significa la naturalezza di chi parla come si parla nella vita: la naturalezza come punto di arrivo, togliendo però tutte quelle impostazioni del teatro classico che ti portano a parlare con una dizione perfetta. Io non amo la perfezione neanche a teatro: bisogna scoprire quel tuo senso di diversità che a volte coincide con l'imperfezione!
L'esperienza professionale più formativa e impattante finora?
Con Giorgio è stata un'esperienza sicuramente bellissima e molto formativa: lui mi ha insegnato il valore della fatica che già conoscevo, ma non in questi termini. Lui mi ha sempre detto “la fatica è tanto importante quanto il talento, quindi ti ho scelto, però stai attenta perché sono molto esigente e dobbiamo lavorare molto!”. Avevamo un grandissimo rapporto di amicizia, però, allo stesso modo che dovevo meritarmi tutto, che dovevamo lavorare molto concentrati e proprio con il suo atteggiamento per me è stato un grande esempio! Se lui andava a dormire la sera con una canzone in testa, si svegliava la mattina (visto che poi soffriva d'insonnia!) che l'aveva già finita ed era a metà di un'altra canzone, era proprio velocissimo nella composizione, molto ispirato! Lui mi ha sempre insegnato a faticare e a lavorare anche quando sentivo che non era il momento. Abbiamo lavorato anche il primo dell'anno alle nove di mattina, tutta l'estate, devo dire che a livello di formazione probabilmente c'è stato un concentrato nell'ultimo anno, prima che lui sapesse di essere malato, molto utile e molto efficace. Lui scriveva le canzoni alla tastiera, me le cantava e poi voleva sentirle cantate da me e lì poi mi dava i consigli che sentiva di darmi. Devo dire che forse l'esperienza più formativa riguarda questo spettacolo: ho inciso le canzoni de “L'Ultimo Giorno di Sole” con Andrea Mirò che ne ha curato gli arrangiamenti e anche da lei ho assorbito tantissimo, lei è una grandissima donna, che mi ha dato moltissimi consigli senza mai imporsi, questo secondo me è anche sintomo di essere grandi! Adesso sto lavorando con Fausto Brizzi alla regia, perché è lui che ha preso il testimone e anche lui mi sta dando mille dritte, abbiamo anche ovviamente lavorato a come tradurre in emozioni questo testo! Io con Giorgio ho potuto lavorare moltissimo alle canzoni invece, per quel che riguarda il testo, sto lavorando molto di più con Fausto, quindi ho avuto comunque tre maestri che hanno fatto quello cui corrisponderebbero sei seminari, ecco! Devo dire che per me è stata una grande crescita, oltre che una grande gioia e un gran divertimento: non c'è mai stata tensione, sicuramente una grandissima crescita!