Niente che non va
Nuovo almeno in parte, più positivo sicuramente; dietro all’ultimo album di Coez ci sono molti cambiamenti
Qual è il messaggio che vuoi far arrivare attraverso l’artwork del disco?
Proprio che non c’è “niente che non va”, nonostante i mostriche mi gravitano intorno. Ci sono un pipistrello, una donna diavolo, uno smile aperto in due, un teschio e un jet che spunta da lontano, l’unica cosa positiva che c’è...
Il pensare positivo sembra essere il leit motiv che caratterizza l’album, anche per le canzoni d’amore...
È il mio primo disco un po’ più positivo degli altri; se uno conosce la mia discografia sa che questo per me è un grande passo avanti!
Niente che non va non è un album hip hop: ti sta un po’ stretta questa etichetta da rapper?
Sicuramente non posso più essere definito rapper o, perlomeno, non solo rapper! Quando in radio mi presentano come “il rapper Coez” mi sento un po’ a disagio: c’è una parte del mio pubblico che apprezza i miei dischi hip hop – che non rinnego affatto, però ormai sono quasi più conosciuto per le cose nuove. Non è che la sento stretta: quella del rapper mi sembra proprio sbagliata come definizione; il fatto che poi io possa anche rappare è un’altra questione.
Che consigli ti sentiresti di dare a un giovane che vorrebbe intraprendere il percorso musicale?
Quest’inverno ho fatto una serie di incontri nelle scuole in cui ho conosciuto tra i 700 e gli 800 alunni e ho potuto constatare come il più grosso problema, spesso, sia il contesto familiare dal quale esci fuori. Un minimo di cultura di base, che ti viene data dalla famiglia, ci deve stare. Ho trovato veramente grosse barriere nelle scuole un po’ più periferiche: persone che avevano difficoltà nell’esprimersi, nello scrivere. Questo è il punto di partenza. A livello più pragmatico non gli augurerò mai di fare quello che ho fatto io! Scherzi a parte, secondo me non ci sono consigli da dare: all’inizio soprattutto divertirsi! Quando ho iniziato,mentre suonavo e scrivevo andavo a lavorare, avevo un mestiere; effettivamente poi in quel mestiere ero una zappa, a fare musica ero un po’ più bravo e mi sono attaccato a questo.