Musica

Il ritorno della femmina alfa

Baby K irrompe sulle scene dopo “Una Seria” con un album che unisce la violenza dello sparo alla dolcezza del bacio: ascoltare per credere

12 novembre 2015di La Redazione

 

Com’è nato l’album? Dopo Una seria ho passato un anno pazzesco in cui non mi sono fermata mai; poi mi sono  presa un periodo di pausa per capire cosa volessi  dire e cosa volessi far capire agli altri. Era ora di fare un disco un po’ più concentrato, lucido. C’è un accenno al mio mondo, ma non tutti lo hanno ancora capito: nel secondo album parlo molto di me, delle mie esperienze. Ho sempre parlato delle mie filosofie, ma mai delle mie storie: in Chiudo gli occhi e salto e Brucia stavolta ho scavato a fondo, continuando ad affrontare il tema del viaggio, onnipresente nella mia vita.

 

In Anna Wintour il succo del discorso è che dobbiamo ragionare come gli uomini per arrivare al successo: cosa non ti piace delle donne? Voglio sottolineare un approccio diverso; continuo a sostenere il principio della femmina alfa: la strada ognuno se la fa da sola con le proprie gambe. Quel brano è molto ironico: “essere una diva è un lavoro a tempo pieno”! In un mondo di uomini è importante apparire femminile, ma pensare come un uomo.

 

I suoni di questo album sono molto esterofili: hai progetti internazionali nel cassetto? I miei progetti non sono mai molto calcolati: la musica è un’espressione del mio mondo, uno sfogo. Sono cresciuta in diversi Paesi: i miei gusti non sono legati ad un mondo classico o della musica italiana nello specifico. Già il fatto che io rappi non è “classico”: mi piace l’idea di essere una novità, di poter variare e di non poter prevedere il mio prossimo passo. Non voglio legarmi al pop, ammicco ad un sound estero ma non volutamente: sono cresciuta con una musica dal respiro internazionale. Non mi precludo niente, ma al momento fare cose all’estero non è l’obiettivo principale: per adesso voglio focalizzare la mia musica sul panorama italiano.

 

In Hipster Love scatti una bella istantanea del dilagare a macchia d’olio di questa moda. Perché hai voluto raccontare un fenomeno così social(e)? Ormai si parla di hipster un po’ ovunque e ho voluto riportare tutto questo mondo in una canzone: “ti ho portato un hipster dentro casa, mamma, spero non sverrai alla sua vista!”. Ho voluto parlarne come un gioco: questo è l’amore 2.0, l’amore del 2015, non virtuale ma che si manifesta attraverso gli “smanettamenti” sui social, con i filtri e con il vintage!

 

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