Musica

A tu per tu con i Talco on the road!

11 aprile 2016di Chiara Colasanti

Se dovessi descrivere i Talco a chi ancora non vi conosce, come li descriveresti?
Siamo un gruppo che si autodefinisce “punkchanka”, un mix di molti generi musicali che ci piacciono con la base di Manu Chao, La Mano Negra, un po' più in chiave punk però comunque mischiamo molti generi come fanno loro: il punk, lo ska, il folk italiano, il balcanico. Cerchiamo di mischiarli e creare il nostro stile perché comunque sei all'interno di stili già collaudati, non stai inventando niente, ma cerchi di renderlo un po' più personale!

Com'è nato “Silent Town”? Ho letto che prende spunto dall'omonimo libro e conclude una trilogia...
Io scrivo tutte le canzoni e l'ho vissuto un po' diversamente rispetto agli altri perché l'ho vissuto in viaggio, essendo sempre in tour lo facevo con il computer e poi ci lavoravamo insieme. I nostri dischi partono sempre da una nostra visione della situazione italiana e cerchiamo di trattare delle tematiche che partono dall'Italia però poi si espandono a livello internazionale, dato che suoniamo molto all'estero. Con “Silent Town” volevamo parlare di alcuni lati dell'attualità italiana di cui non avevamo parlato nei dischi precedenti, però per cercare di non essere tediosi e ripetitivi abbiamo pensato di fare una storia nostra, basata un po' sul realismo magico, perché alla fine quelle sono le nostre letture! Abbiamo così costruito questo intreccio in cui ogni cosa è il tassello di un puzzle: il disco completa il libro e viceversa, non c'è una gerarchia in queste cose. In questa storia abbiamo cercato di raccontare tutto quello che ci interessava relativamente all'Italia e che avevamo lasciato un po' in sospeso.

Un consiglio che ti sentiresti di dare ai giovani che stanno intraprendendo adesso la carriera musicale?
La prima cosa che mi viene in mente è non dare retta a nessuno, nel senso che molta gente si mette a suonare “alla maniera di..” per paura di esporsi troppo; io credo che la creatività sia sempre premiata, in un modo o nell'altro; logicamente in Italia è un po' più difficile perché non c'è molta meritocrazia in questi casi. C'è molta gente che tende a demonizzarti, a criticarti, a scartarti perché non hai la voce di Anastacia o di chissàchi... con i talent alla fine è questo che si è creato: si è perso un po' il talento, la creatività personale che ognuno di noi ha. Il primo consiglio che mi viene in mente è quello di essere se stessi, fare quello che piace maggiormente e con il proprio modo di pensare!

Sogni nel cassetto e speranze per il futuro a breve termine?
In realtà sogni nel cassetto... suonare tanti, tanti, tanti anni ancora! Mi sto divertendo molto: ogni anno mi dico “magari mi passerà” e invece ogni anno capisco che è la mia vita. A breve termine sicuramente c'è la volonta di continuare con i sold out, fare tanti festival, quel centinaio di concerti che ci siamo prefissati per quest'anno e riuscire a non saturare nessun ambiente: questo ci permette di poter suonare ancora per molti anni.

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