Intervista agli Anhima
Quale sensazione vorreste rimanesse a chi ascolta il vostro album?
Quest'album è nato da uno spirito principalmente d'amore e di quattro amici: il rock io penso non debba essere per forza simbolo di contestazione o debba per forza andare contro qualcosa o per forza introverso così da essere considerato intellettuale come accade spesso in Italia. Certo in “un D'ono d'ali” esprimo un mio parere preciso, esprimo il mio netto NO al terrorismo di tutte le epoche e di qualsiasi fazione politica o religione senza se senza ma e senza però. E' la manifestazione più aberrante del genere umano e i terroristi non sono eroi o martiri: sono dei narcisisti.
Fonti di ispirazione e idoli incontrastati che hanno influenzato il vostro modo di fare musica?
La nostra storia musicale abbraccia tante cose: personalmente ho cominciato a capire qualcosa da Peter Gabriel e i Genesis, ma ho cominciato a suonare ascoltando i Clash e poi i Cure, i Cult... e te ne potre dire 50. Certo il fenomeno grunge è stato importante: dopo gli anni '70 credo sia stata la corrente più importante.. ma noi crediamo nella canzone e io spero di aver imparato a scrivere, letterariamente voglio dire, dai nostri grandi cantautori Dalla, De Gregori, De André, Battiato, ma anche il padre Ivano Fossati. Ora mi ascolto volentieri gli Editors, i Placebo, gli Interpol e i simpaticissimi Foo Fighters.
Sogni nel cassetto e speranze per il breve termine?
Un sogno nel cassetto è vivere decentemente di musica, cosa che in Italia non è facile, purtroppo: si fa fatica a capire che suonare è un lavoro, va pagato e quindi o superi un certo livello o non ci campi. Ed è buffo, ma ci fanno credere che sia così la storia: non è vero ragazzi, non ci cascate; fuori e tutto diverso! Dai, tanto fra poco faremo gli stadi, ahahah!
Cosa cambiereste subito di voi e cosa non vorreste modificare mai e poi mai neppure sotto tortura?
Niente... e non credo ci sia modo, se non c'è stato fino ad ora.. oh guarda noi si mena, eh? Ahahah!!