Recensione del romanzo di Antonio Pennacchi "Il Fasciocomunista"

Radioweb C.A.G. di Rapallo
Il Fasciocomunista di Antonio Pennacchi è la storia di Accio Benassi, protagonista e narratore del romanzo, e della sua gioventù “scriteriata” vissuta tra la fine degli anni ’50 e gli anni ‘70. È un’opera molto complessa quella di Pennacchi, che mette insieme tre corde narrative care alla letteratura italiana: Il Fasciocomunista è un romanzo autobiografico, un romanzo di formazione e, contemporaneamente, un romanzo storico.
L’ispirazione autobiografica porta l’autore a raccontarci della sua infanzia e giovinezza trascorse a Latina e dintorni. Il tortuoso percorso che dal seminario lo porta prima alla militanza nel Movimento Sociale Italiano, e quindi a quella nell’Unione Comunisti Italiani, viene descritto quasi come un gioco di intricate ed inevitabili coincidenze. Nessuna delle scelte di campo che Accio compie di volta in volta viene descritta come il frutto di una valutazione consapevole, basata su riflessioni politico-filosofiche: il giovane Benassi si lascia trasportare dai casi della vita. Egli segue l’istinto e il suo senso morale che lo spingono alla difesa degli interessi delle classi più deboli, così come fece il Partito Fascista della prima ora, o come, nel Sessantotto, fecero i vari movimenti di ispirazione comunista nei confronti di operai e studenti. In questo romanzo ci viene descritto – sempre in termini di rivisitazione letteraria, chiaramente – l’ambiente familiare di Pennacchi: il rapporto pessimo con la madre dalla quale si è sempre sentito rifiutato, quello combattuto con il padre che lo voleva prete e non si è mai rassegnato al carattere burrascoso del figlio e alle sue varie aspirazioni – Accio vuole fare boxe e il padre lo vorrebbe ciclista, Accio vuole studiare al classico e il padre lo vorrebbe perito, e via dicendo – e, infine, il rapporto di amore-odio con il fratello Manrico, modello a cui mirare per l’intelligenza, lo spirito di comando e il successo con le donne e, nello stesso tempo, grande rivale da sconfiggere.
In quanto romanzo di formazione, invece, possiamo leggere Il Fasciocomunista come il percorso di crescita che Accio compie dal suo essere un bambino alla costante ricerca del consenso dei genitori fino al diventare un uomo che, tormentato dalle sue esperienze di vita, ritrova l’equilibrio e la pace interiore ritirandosi nel vecchio seminario dove aveva vissuto quando era piccolo. Nel corso prima della sua infanzia, e poi della giovinezza, ci verranno descritti numerosi momenti di crescita, vere e proprie prove a cui viene sottoposto il carattere in formazione del protagonista.
La terza opzione da prendere in considerazione riguardo al genere dell’opera è quella del romanzo storico: Pennacchi descrive gli anni del dopoguerra e del boom economico, e poi quelli della contestazione giovanile, delle lotte politiche, del terrorismo. Il contesto storico rappresentato è necessario rispetto alla vicenda romanzesca, che non potrebbe essere ambientata in nessun altro periodo. L’autore riesce a parlarci di un periodo complesso e doloroso della storia italiana con la schiettezza e il coinvolgimento di un testimone oculare, di un “ragazzo del ‘68” che ha sperimentato sulla sua stessa pelle i cambiamenti e le scosse che la società italiana ha subito in quel periodo.
Il vero punto di forza di quest’opera è rappresentato dalla figura carismatica del suo protagonista e narratore. Si tratta di un antieroe che emerge per la sua verace spontaneità nel panorama della letteratura italiana contemporanea. Non c’è buonismo nel presentare il suo carattere, né si tenta di stemperarne le asprezze per renderlo più “simpatico” al lettore. La sua è una figura vitalistica, capace di esprimersi in azioni violente e ingiustificate, come l’aggressione ai danni di un ubriaco con una catena che porta sempre in tasca, in aspri duelli verbali con personaggi del calibro di Pasolini, ma anche di cercare poi il conforto nel silenzio di un convento per ritrovare l’equilibrio perduto. Accio è un ragazzo ingenuo e passionale, che lotta per i suoi ideali, giusti o sbagliati che siano. Il Fasciocomunista ci rende spettatori e testimoni dei goffi tentativi di un ragazzo come tanti di diventare un uomo, in un periodo di storia del nostro Paese in cui se non si era schierati non si era nessuno. E quindi Accio si schiera: prima da una parte, poi da quella opposta, ma non rimane mai indietro rispetto alle rapide evoluzioni della storia.
Pennacchi trova in quest’opera l’equilibrio perfetto tra la forza dei suoi personaggi – si è parlato del protagonista, ma molti dei personaggi secondari sono altrettanto ben riusciti – e l’efficacia della narrazione. La lingua è quella brillante, ironica, dialettale e violenta che è ormai la firma dell’autore di Latina.
Il Fasciocomunista è sicuramente un romanzo da leggere, anche nelle scuole. Esso ci permette di ritrovare la prospettiva dei giovani e dei ragazzi che hanno vissuto quegli anni senza censure né mediazioni: il protagonista ci racconta anche gli errori, le violenze, la china finale verso il terrorismo politico, ma lo fa senza dare giudizi preconfezionati, senza i moralismi che spesso si incontrano nei libri di storia e nei discorsi ufficiali. Il modo migliore per farsi un’idea di quello che è davvero successo in Italia tra gli anni ’60 e ’70 è dare uno sguardo dall’interno… e perché non attraverso gli occhi dello scriteriato Accio Benassi?
Martina Caldelli
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