Quanto può influire la stampa, quanto la televisione, sulle dinamiche di partito, in Italia? La risposta è sotto gli occhi di tutti.
Basterebbe guardare con assiduità i talk show che si dipanano lungo tutta la settimana per capire che si vive in perenne campagna elettorale, e che non più di politica si sta parlando, in tali contesti, ma di conquista della scena da parte dei singoli.
Il web stesso non è esente da responsabilità: ciò che vi si scrive diventa materia di dibattito, di scontro, di accesa disputa. Ne escono mai tuttavia dei risultati incoraggianti per il Paese?
Lasceremo la risposta aperta dal momento che ciascuno potrà fare le proprie riflessioni. Affrontiamo piuttosto la vicenda attualissima del Movimento Cinque Stelle, dove per la prima volta la leadership di Grillo sta perdendo consensi, dal nostro punto di vista (profano).
Partiamo dal presupposto che le Regionali in Emilia e in Calabria hanno creato e dato una forma definitiva al primo schieramento del Paese: l’astensionismo è attualmente il partito più in salute, anche se ci troviamo dentro ad un ossimoro che dovrebbe stupire fino a un certo punto. Da qualunque angolazione si prenda la questione, PD e M5S sono già stati sconfitti a suon di schede intonse, ancora impacchettate.
Il PD è riuscito ad autodistruggersi con le stesse tecniche vichiane di sempre: una posizione riformatrice che l’unica cosa in grado di riformare sono le modalità del popolo italiano per esprimere il “dissenso”, e non solo di quella parte di cittadini che si oppone al centrosinistra.
In un anno e mezzo, poi, il Movimento di Beppe Grillo, primo partito alla Camera alle elezioni di febbraio 2013 col 25,5% (circa 8 milioni e 700mila i votanti pentastellati), si è visto superare da una foltissima schiera di dissidenti, di detrattori della politica contemporanea, confluiti nella più chiara delle espressioni di dissenso dell’età moderna: il non voto.
L’antidoto pentastellato è fallito? La maga Circe Beppe Grillo ha trasformato, volontariamente, una parte degli elettori italiani in anti-elettori, in “oggetti” in balìa degli eventi? Non vorremmo mai pensare a una cosa del genere, ma se i dati sono questi preoccupano non poco le proiezioni per il futuro.
L’intento dell’articolo non è certo scaricare le colpe sul movimento del comico genovese quanto piuttosto quello di valutare la sua progressiva deriva, al pari di quelle degli altri due schieramenti principali del Paese.
Non abbiamo dubbi che ancora una volta i politici continueranno sulla loro strada, persuadendo più a parole che coi fatti la gente comune, a cui franano le colline sulle case o a cui vengono settimanalmente spazzati via i negozi. Ma che dire del Movimento? Che dire di coloro che, entrati in Parlamento in qualità di politici, non vogliono essere più definiti così, mentre proprio adesso il Paese avrebbe bisogno di identificarli come tali?
Li definiremmo volentieri – se “politico” fosse davvero un termine così degradante – come “attivisti di una fantomatica Greenpeace parlamentare”, ma prima sarebbe interessante capire se oltre al loro costante ostruzionismo di facciata si possa intravedere dell’altro.
Che la delusione generale, che lo sciopero dal voto delle Regionali li abbia innervositi è l’ennesimo dato sotto gli occhi di tutti, ma andare avanti a suon di espulsioni o di “restyling storico” su un blog comincia ad essere una spada di Damocle (chè la conosciamo in tanti la storia di Matteotti, chè la conoscono in pochi invece quella di Filippelli).
E che parte dei Damocle pentastellati tema ormai il Parlamento, luogo che prima avrebbero volentieri invaso e conquistato, è segnale preoccupante per un movimento di cui si hanno ancora forti, negli occhi, le immagini delle piazze gremite, da San Giovanni al Circo Massimo. Che sia colpa di una politica del ” risucchio recidivo” che rende tutti uguali, una volta varcate le porte di Palazzo Chigi o Palazzo Madama? “Lasciate ogni speranza, o voi che entrate”?
Non risponderemo per par condicio verso i quesiti precedenti, tuttavia ci pare interessante darvi un dato per riflettere: cosa succederà se veramente Grillo abbandonerà la testa del Movimento e passerà il testimone ad una ristretta schiera di garanti, facce note che hanno fatto strada con streaming o interventi amplificati dai media? Tutto è collegato, nulla è casuale, il copione si ripete: Vico ci ha anticipato, e non a caso è stato uno dei filosofi più accreditati del nostro paese. Date a lui la leadership di qualche movimento, come ultima spiaggia.